L'ordine degli avvocati di Napoli si schiera accanto alle Camere Penali del Distretto di Corte di Appello nella querelle che si è aperta con gli uffici di sorveglianza e con l'Anm locale. Riassumiamo quanto è successo: i penalisti il 21 marzo hanno denunciato le «gravissime e croniche disfunzioni del Tribunale di Sorveglianza di Napoli che, rese ancora più acute dallattuale contesto emergenziale, oramai non sono più tollerabili». Dopo l'elencazione dettagliata delle problematiche, il documento si concludeva con un appello rivolto alla Presidente del Tribunale di Sorveglianza, Angelica Di Giovanni, e a tutti i suoi colleghi: cari magistrati di sorveglianza o «ripristinate la legalità costituzionale della pena», risolvendo tutte le criticità evidenziate, oppure «vi autosospendete dal servizio per impossibilità di rispettare le norme codicistiche e costituzionali». In sostanza chiedevano «una significativa azione politica congiunta tra avvocati, magistrati e personale amministrativo affinché il Governo disponga con assoluta urgenza tutti i provvedimenti necessari per limmediato ripristino della legalità costituzionale della pena». Hanno reclamato unità e hanno trovato una dura e ferma contrapposizione. Da un lato la Presidente Di Giovanni comunicava di aver chiesto al CSM di aprire una pratica a tutela delle toghe della Sorveglianza; dall'altro lato il segretario dell'Anm locale Marco Puglia così si esprimeva: «i toni utilizzati dagli avvocati non rispondono alla necessità di un confronto sereno e proficuo. Noi magistrati siamo consapevoli delle criticità che affliggono il Tribunale di Sorveglianza, ma non possiamo essere additati come soggetti che violano la Costituzione e le leggi», aggiungendo che la riconosciuta lentezza del Tribunale di Sorveglianza è «una circostanza quasi fisiologica alla luce dellenorme mole di lavoro che grava sugli uffici». Due giorni dopo proprio da questo giornale anche il presidente della Giunta Anm di Napoli, Marcello De Chiara, pur cercando di rasserenare gli animi, ribadiva comunque che «attribuire ai magistrati di sorveglianza la sistematica violazione delle norme costituzionali è un'accusa ingiusta ed in alcun modo aderente alla realtà dei fatti» evidenziando tra l'altro che «le proposte di collaborazione non possono però essere veicolate attraverso comunicati stampa». Tutto questo ha portato alla reazione dell'ordine degli avvocati di Napoli che con una recente delibera ha espresso una « piena adesione ai contenuti, alla forma ed ai toni del documento delle Camere Penali Distrettuali». Il presidente Antonio Tafuri ha aggiunto: «Non comprendiamo  la reazione dei vertici di Anm e nemmeno si comprende come il documento in questione possa determinare una frattura tra avvocati e magistrati. Piuttosto che spendere una parola su come risolvere le molteplici problematiche evidenziate,  Anm si attarda ad indicare il dito del documento di (legittima) denuncia delle Camere Penali senza guardare la luna dei troppi detenuti privati del diritto ad una pena legale e costituzionalmente orientata al recupero, nonché del diritto allammissione in tempi ragionevoli a misure alternative alla detenzione». L'auspicio resta però quello di «ogni forma di confronto e dialogo tra avvocati e magistrati affinché venga portata ai massimi livelli l'azione e la protesta per una Giustizia più celere e umana». Tafuri ha ricordato anche che «se oggi la Giustizia va avanti è anche per l'encomiabile abnegazione e lo spirito di sacrificio degli avvocati del distretto di Napoli che, in uno dei momenti più difficili della loro storia professionale, continuano a districarsi tra incredibili inefficienze e lungaggini amministrative».