«Non una, ma due donne che lo hanno difeso. Vergognoso», «mi chiedo come possono due donne difendere una persona del genere» e ancora «ma questi avvocati non si vergognano a difendere un delinquente simile. Lo schifo assurdo che per i soldi non si guarda in faccia nessuno, eppure sono donne ma nessuna solidarietà. Il denaro e la carriera sono superiori al dramma di questa ragazza». E poi il climax ascendente: «Che non debbano mai provare nessun tipo di violenza queste sottospecie di avvocati». Questi sono solo alcuni dei commenti rivolti sui social a due avvocate bresciane (di cui indicheremo solo le iniziali -  S.L. e M.M. - perché, dato il clima, non vogliono esporsi ulteriormente), attaccate dalla folla forcaiola e sessista solo per aver difeso e fatto assolvere «perché il fatto non sussiste» un 27enne di origini pachistane accusato di violenza sessuale nei confronti della sorella all'epoca dei fatti minorenne. Il pubblico ministero aveva invece chiesto la condanna a 7 anni e mezzo di carcere. L'imputato si era sempre dichiarato innocente sostenendo che la sorella si era inventata tutto. La giovane donna aveva raccontato di essere stata obbligata dal fratello maggiore a vedere cartoni animati e film pornografici e poi a consumare rapporti sessuali completi. Aveva anche accusato il padre, già assolto con la stessa formula al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato davanti al gup. La denuncia nei confronti dei familiari era partita nel 2018, subito dopo che  la ragazza avrebbe scoperto che la famiglia le aveva organizzato un matrimonio combinato in Pakistan. «Non essendo più vergine ha avuto paura», aveva sostenuto in aula il pm chiedendo la condanna per il fratello. «Tutto falso» aveva replicato la difesa, a cui i giudici del Tribunale di Brescia in composizione collegiale hanno dato ragione. Su quanto accaduto la Camera Penale di Brescia, presieduta dall'avvocato Veronica Zanotti, ha diffuso un duro comunicato in cui si chiarisce che negli attacchi alle due avvocate «si sottolineava per di più che esse fossero donne, incapaci di immedesimazione con la parte civile e seguiva una sequela di contumelie al comportamento “tipico” dell’avvocato, correo dell’assistito e mercenario». Una delle solite distorsioni che accompagna la figura dell'avvocato, questa volta aggravata dal fatto che nella mente di questi odiatori privi di minima cultura giuridica le donne non possano difendere gli uomini, soprattutto se accusati di reati sessuali. «Sono rimasta colpita da tutto questo livore e da questo spirito forcaiolo - dice al Dubbio l'avvocato M.M. -  Ma quello che mi ha sorpresa di più è che l'acredine è stata manifestata soprattutto da altre donne. Trovo paradossale ed assurdo, oltre che contrario ai doveri dell’avvocato, ritenere poco etico che una donna non possa difendere un uomo accusato di particolari reati, come la violenza nei confronti di un'altra donna». Proprio come ci conferma S.L.: «quelle donne che hanno inveito contro di noi, e che si definiscono vicine alle donne vittime di violenza, non si rendono conto che il loro di agire sia stato esso stesso sessista e violento». L'avvocato si riferisce anche ai sit in che alcune signore hanno organizzato dinanzi al Tribunale. «Perché queste persone che erano a manifestare davanti al Tribunale - si domanda l'avvocato M.M. -  per chiedere la condanna del nostro assistito non sono entrate in aula per cercare di capire come si stava svolgendo il processo? Forse non sarebbero rimaste sorprese di questa assoluzione se avessero seguito il dibattimento che ha dimostrato che l'accusatrice aveva mentito, come ha ben inteso la Corte». L'avvocato fa emergere un altro grande pregiudizio che mina il sereno esercizio della giurisdizione; per molti, soprattutto tra i movimenti femministi, le donne che denunciano violenza hanno sempre ragione: «è un concetto sbagliato. I processi in aula - ci dice S.L. - servono proprio a questo, a stabilire chi ha ragione e chi ha torto. Un uomo accusato di violenza non può essere condannato a prescindere. Occorrerebbe una seria riflessione culturale su questo». A questo ragionamento si lega quello più grande dell'attacco al diritto di difesa, costituzionalmente garantito: «Noi abbiamo il dovere di tutelare i diritti di tutti - concludono le legali -  siano esso colpevoli o innocenti. Il diritto di difesa è un baluardo della società civile». Il vilipendio dell'articolo 24 della Costituzione ha ormai raggiunto livelli preoccupanti, ribadisce il direttivo della Camera Penale di Brescia: «Come già avvenuto in un precedente caso (l’imputato omicida assolto per incapacità di intendere e di volere), gli attacchi ai difensori vengono motivati in modo del tutto ipocrita in ragione di una presunta denegata giustizia e di una insopportabile identificazione tra il difensore, l'assistito e il reato oggetto dell'imputazione. Simili aggressioni non sono giustificabili poiché investono il significato più profondo della giurisdizione e il ruolo essenziale del difensore».