La notizia è che grazie agli avvocati il Senato si scopre unanime: 231 voti favorevoli alla conversione del decreto sull’esame forense, nessuno — ed è il caso di ripetere nessuno — contrario e solo 2 astenuti. Sarà capitato altre quattro o cinque volte in tutta la legislatura. Ora il provvedimento d’urgenza, necessario per sostituire gli scritti con una prova orale, e derogare così alla legge del 2012, passa alla Camera, che però difficilmente potrà permettersi di emendarlo ancora. Perché, va detto, alcune novità ci sono. Le modifiche sono state concordate tra il governo, il relatore Francesco Urraro e i gruppi parlamentari, ed è già nota quella principale: delle due primarie materie sostanziali, diritto civile e diritto penale, il candidato potrà inserire fra le 5 su cui sostenere il secondo orale anche quella che era stata oggetto della prima prova. Lieve rettifica, assaporata con gusto agrodolce dai praticanti: «Avevamo chiesto l’eliminazione del vincolo della seconda prova in una materia sostanziale diversa da quella della prima», fa notare per esempio la presidente dell’Upa Claudia Majolo, che negli ultimi giorni è rimasta in contatto costante con i due sottosegretari Anna Macina e Francesco Paolo Sisto, oltre che con il consigliere Cnf Vincenzo Di Maggio, a sua volta consultato fin dall’inizio dal ministero. I praticanti avrebbero preferito che chi ad esempio ha fatto tirocinio da civilista e chiede ovviamente di sostenere il colloquio preselettivo sul proprio terreno forte, non fosse stato costretto a inserire il penale fra le cinque materie del secondo orale. Invece dovrà farlo. La differenza rispetto al testo emanato dal governo lo scorso 12 marzo è che fra le suddette cinque discipline, al secondo orale, il praticante potrà inserire anche la “propria” materia sostanziale: se è un civilista, il diritto civile, appunto.

Esame da avvocato 2020, le altre modifiche

C’è almeno un passaggio che gli aspiranti avvocati potranno considerare del tutto favorevole: la facoltà di chiedere un differimento della prima prova non solo per ragioni legate al covid ma anche in caso di «altri comprovati motivi di salute che impediscono al candidato» di presentarsi nella data prevista. Tutela rivendicata, in particolare, dalla vicepresidente della commissione Giustizia, la 5 stelle Elvira Evangelista. Un dettaglio potrà attenuare la tempistica impegnativa del primo colloquio (mezz’ora per ragionare e consultare la giurisprudenza e un’altra mezz’ora per argomentare): il cronometro partirà una volta finita la dettatura del quesito. Inoltre, ciascuna Corte d’appello estrarrà la lettera dell’alfabeto che stabilisce l’ordine di “convocazione” dei candidati. Il resto dei ritocchi è routine tecnico- normativa. Tranne forse il chiarimento sulle modalità con cui il praticante dovrà comunicare la scelta della materia per il primo orale (le preciserà il decreto ministeriale “attuativo” atteso per i prossimi giorni) e la puntualizzazione sul componente della commissione demandato a presenziare in sede insieme con il candidato: sarà il segretario, mentre gli altri, presidente compreso, si collegheranno da remoto. Aspetto in realtà così inteso fin dall’inizio da parte di via Arenula, ma che ieri è stato esplicitato.

Il nodo dei quesiti

Resta un impianto rigoroso, sì. Ma resta pure il problema dell’omogeneità segnalato innanzitutto dal Consiglio nazionale forense: le famose quaestiones, cioè i problemi “pratico- applicativi” che i candidati dovranno risolvere nel primo colloquio. Secondo l’istituzione dell’avvocatura, andrebbero interamente predisposti a via Arenula. Al momento non è previsto che vada così: l’enunciazione dei quesiti, da chiudere in busta e da far estrarre a sorte a ciascun praticante, sarà compito di ciascuna singola subcommissione locale. Come ha fatto notare in audizione a Palazzo Madama il consigliere Cnf Vincenzo Di Maggio, «sarebbe meglio preparare un pacchetto omogeneo di quaestiones a Roma». Il ministero guidato da Marta Cartabia controbatte che elaborare in modo centralizzato un numero sufficiente di quesiti per 26mila candidati richiederebbe tempi troppo lunghi. Si vedrà. Certo i praticanti, e per esempio la ricordata Upa, sono della stessa idea del Cnf: «La redazione dei quesiti ad opera della Commissione centrale con l’ausilio del Cnf» è anche la richiesta di Majolo. Che dice di voler proseguire nella «battaglia affinché l’esame sia il più equo e uniforme possibile: da Ancona a Venezia i quesiti dovranno essere i medesimi». Non manca molto: il ministero vorrebbe evitare che l’inizio del primo orale scivoli oltre metà maggio.

Le reazioni dei partiti

Tutto si può dire ma non che la politica abbia snobbato il dossier. Il sottosegretario Sisto parla di «sinergia positiva» in Parlamento e si augura che «il clima respirato in questi giorni si possa diffondere in tutta la restante parte della legislatura». Secondo il relatore Urraro l’impegno profuso è stato «straordinario» : d’altra parte, aggiunge, la professione forense «è l’unica costituzionalmente garantita». La 5 stelle Bruna Piarulli considera la disciplina emergenziale «necessaria per non dissipare gli enormi sforzi di 26mila aspiranti avvocati che, dopo un lungo percorso, hanno studiato per arrivare all’abilitazione».Andrea Ostellari, che della commissione Giustizia è presidente, assicura: «Credibilità e merito, nella professione forense come in tutti gli ambiti della vita, vinceranno sempre» e «questo esame dovrà garantire la preparazione: no ad avvocati di serie A e serie B». Ieri la politica è stata unanime. Ma non è detto che la partita sulle regole del nuovo esame sia già chiusa.