Sono state approvate nel corso del Plenum del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa le prime linee guida «sull’uso dei mezzi di comunicazione elettronica e dei social media da parte dei magistrati amministrativi». La delibera - come ha sottolineato il Presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi, nel corso del dibattito in Cpga - vuole fornire «regole di comportamento condivise, frutto del comune sentire della magistratura amministrativa. Non si tratta di un orientamento culturale, vogliamo semplicemente sensibilizzare la nostra categoria su un uso sobrio dei social media, che vanno utilizzati con cautela. Siamo la prima magistratura a riflettere sul tema e ad auto disciplinarsi. Le linee guida non intendono introdurre limiti alla libera manifestazione del pensiero del singolo magistrato, ma sono un richiamo alla consapevolezza all’alto ruolo istituzionale della magistratura che non può essere smarrito in nessun momento della vita quotidiana, in coerenza con i codici etici e con le linee di indirizzo della Rete europea dei Consigli di Giustizia (Encj) sull’uso dei social».

«Il testo invita alla consapevolezza della grande opportunità ma anche dei grandi rischi a cui i magistrati sono esposti quando utilizzano i social; primo fra tutti quello della perdita di controllo delle informazioni che si immettono in rete, per evitare i rischi di condivisione online di informazioni personali e dati sensibili», ha aggiunto il presidente.

Stando alle linee guida, «i magistrati amministrativi utilizzano i social media, quale forma della libertà di manifestazione del pensiero, nel rispetto dei canoni di comportamento da essi esigibili, anche nella vita privata, secondo i codici etici dei magistrati amministrativi e le vigenti norme disciplinari, al fine di salvaguardare il prestigio e l’imparzialità dei singoli magistrati e della giustizia amministrativa nel suo insieme e la fiducia di cui sia i singoli che l’Istituzione devono godere nell’opinione pubblica. I magistrati amministrativi fanno un uso dei social media ispirato a parametri di consapevolezza dei rischi e dei vantaggi derivanti dall’utilizzo di tale forma di comunicazione, e di assunzione di responsabilità individuale per comportamenti e dichiarazioni divulgati con tali mezzi». I magistrati amministrativi «possono utilizzare i social media, nella propria vita privata, anche attraverso pseudonimi, a condizione che l’uso di uno pseudonimo non costituisca un espediente per porre in essere comportamenti illeciti». L’uso dei social media deve avvenire in maniera tale «da garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali di tutti i consociati, nonché da salvaguardare la dignità, l’integrità, l’imparzialità e l’indipendenza del singolo magistrato, della magistratura amministrativa e delle istituzioni che la rappresentano». I magistrati amministrativi «adottano elevati parametri di continenza espressiva, utilizzando un linguaggio adeguato e prudente rispetto a tutte le interazioni in essere sulle piattaforme di social media, nonché con riferimento al rischio della perdita di controllo del o dei contenuti immessi ed alla tipologia di contenuto oggetto di pubblicazione e diffusione». Tra gli obblighi vi è quello di non comunicare con le parti, i loro rappresentanti o il pubblico in generale con riferimento a casi e controversie di propria competenza e non utilizzare i social media come strumento di pubblicità di proprie attività economiche extraistituzionali. «Le amicizie e connessioni sono create o accettate on line da parte dei magistrati ammnistrativi nel rispetto dei principi generali di diligenza e precauzione. Le amicizie sui profili social non costituiscono un elemento di per sé rilevante a manifestare la reale consuetudine di rapporto personale richiesta ai fini delle incompatibilità, la cui disciplina, di carattere tassativo, è prevista unicamente nell’art. 51 c.p.c. Le amicizie e i contatti sui social network e media, pur non equiparabili a quelli della vita reale, quando concernono persone coinvolte nell’attività professionale del magistrato devono essere contenute ovvero evitate, allorché essi possano incidere sulla sua immagine di imparzialità».