La crisi del Covid-19 ha rappresentato per gli avvocati, come per qualsiasi professionista ed operatore economico, una sfida del tutto inedita, anche per i profili veramente particolari della crisi*. Sebbene tutti i professionisti si siano adeguati alla situazione, sia in termini operativi (utilizzo dei sistemi di comunicazione a distanza con gli uffici giudiziari, e trasmissione dei documenti in modo telematico), sia in termini di rapporti con la clientela (riduzione al minimo degli incontri di persona), è innegabile che per molti di essi il 2020 e il 2021 abbiano rappresentato degli anni molto difficili, in particolare dal punto di vista reddituale. Però, come tutte le situazioni negative, anche quella della crisi del Covid-19 può costituire l’occasione per riflettere sugli aspetti gestionali ed organizzativi della propria attività professionale, la quale, pur avendo le sue specificità, non è molto diversa per impostazione da una qualsiasi attività imprenditoriale. Infatti, sia i professionisti, sia gli imprenditori, devono acquisire dei fattori della produzione, per i quali si sopportano dei costi, ed hanno dei clienti da soddisfare, da cui derivano i ricavi. Ed entrambe le categorie hanno un’organizzazione ed una modalità di gestione della propria attività lavorativa. Non è d’altronde un caso che la casa editrice Maggioli abbia pubblicato un testo: “Gestione della crisi Covid-19 per i piccoli imprenditori e i professionisti” (l’autore è proprio chi scrive questo articolo), unendo le due categorie professionali per l’indicazione delle misure utili.Ma allora, cosa dovrebbero fare gli avvocati per gestire al meglio questa situazione di crisi, e prepararsi per un rilancio dell’attività con l’atteso superamento generalizzato della pandemia? "Business idea", tariffe e promozione dell'attività La prima risposta è riflettere sulla “business idea” che sta alla base della propria attività professionale. Non deve costituire una sorpresa che molti avvocati non si siano mai posti la questione, tutti presi dalla ricerca dei clienti e dall’erogazione migliore possibile dei servizi legali in relazione alle proprie competenze e specializzazioni. Eppure, riflettere sulle 4 componenti principali dell’idea imprenditoriale, che sono sintetizzabili nelle 4P del marketing, può rivelarsi un esercizio utile.Infatti, le componenti di qualsiasi attività economica, che si basa sulla produzione e vendita, sia di beni, sia di servizi, sono le seguenti: 1) cosa produco e vendo: si tratta della Product policy, che consiste nel decidere la tipologia del servizio venduto (es. assistenza legale per le vertenze del lavoro, oppure per la redazione di contratti?), le caratteristiche del servizio (es. il livello qualitativo, che dipende dalla competenza di chi eroga il servizio, e le modalità di attuazione del codice deontologico), il valore minimo e massimo del servizio (es. accetto anche richieste di limitato valore economico o no? e anche cause complesse?), la denominazione del servizio e dello studio legale (importante per richiamare l’attenzione dei potenziali clienti, e per distinguersi dai concorrenti), il packaging del servizio (quali informazioni fornisco all’utente relativamente ai miei servizi?); 2) a che prezzo vendo: è la Price policy, che consiste nel decidere la quantificazione delle tariffe per i vari servizi offerti, che può avvenire, sia in funzione dei costi e del tempo impiegato, sia in funzione di quanto richiedono i “concorrenti”; 3) a chi rivolgo il mio servizio, e come raggiungo il cliente: queste decisioni rientrano nella Place policy, con la quale si decide l’area territoriale di intervento, il profilo dei clienti (es. business, persone fisiche, associazioni), e le modalità per entrarvi in contatto (es. sito internet, marketplace, convenzioni con associazioni, accordi con altri professionisti non in concorrenza, tradizionale passaparola); 4) come promuovo l’attività professionale: qui è la Promotion policy che deve indicare come far sapere al mercato l’esistenza del proprio studio legale (iniziativa possibile, ai sensi dell’art 17, comma 2, del codice deontologico), e come incentivare eventuali intermediari ad acquisire clientela. L’eventuale riformulazione dell’impostazione dell’esercizio della professione legale non esaurisce però l’attività di ripensamento del proprio modo di gestire lo studio professionale. In questa sede ci si limiterà a richiamare alcuni suggerimenti (tratti dal testo sopra richiamato), con la precisazione però che spetta a ciascun titolare dello studio, non solo scegliere le idee più pertinenti, ma anche adeguarle alla propria realtà operativa. Ecco alcuni spunti, tra i tanti possibili: a) contrattualizzazione dei rapporti con i principali (o più assidui) clienti, e valorizzazione dei clienti storici; b) potenziamento del sito internet, e utilizzo delle tecniche per consentire l’indicizzazione del proprio sito nei motori di ricerca (cd. SEO- Search Engine Optimization); c) partecipazione alle piattaforme di incontro tra domanda e offerta dei servizi legali (cd. marketplace, rintracciabili con un motore di ricerca); d) apertura a nuovi segmenti di mercato, affini in termini geografici e/o di specializzazione; e) esame delle voci di costo al fine di verificarne opportunità di riduzione, anche mediante cambiamento dei fornitori di beni e servizi; f) verifica delle possibilità di riequilibrio delle voci di costo, riducendo quelle fisse, ed aumentando quelle variabili; g) ottimizzazione della tesoreria e della contabilità, per individuare aree di possibile miglioramento gestionale, con benefici sui costi; h) incentivazione del personale dello studio (il cui impegno è spesso un fattore di successo); i) svolgimento convinto delle attività formative; l) valutazione di eventuali partnership, sia per l’ampliamento dei servizi offerti, sia per la riduzione dei costi, attraverso la loro messa in comune. Se è vero che un avvocato non è qualificato come un imprenditore, la crisi del Covid-19 potrebbe però suggerire una visione più manageriale della gestione dello studio legale. I numeri della crisi* Pur non essendo la prima crisi economica del terzo millennio, quella derivante dalla pandemia del Covid-19 (determinata dal virus SARS-CoV-2) presenta caratteristiche uniche: 1) la diffusione della crisi in tutto il pianeta, anche se con livelli di gravità diversi da paese a paese; 2) l’elevato numero di vittime nel mondo (120 milioni di malati e 2,7 milioni di morti a metà marzo 2021, secondo i dati della Johns Hopkins University - https://coronavirus.jhu.edu/map.html); 3) per alcuni malati la difficoltà della cura e la complessità della guarigione, che comporta anche un notevole impatto sul sistema ospedaliero, in particolare per le terapie intensive, con conseguente difficoltà a curare le altre patologie; 4) l’estensione dell’epidemia a tutte le fasce di età della popolazione, a seguito della diffusione di alcune varianti del virus: in Italia vi sono oltre 800mila infetti di età inferiore a 30 anni, con 76 decessi in questa fascia di età, come risulta dal bollettino settimanale del ISS del 12/3/21; 5) l’inedito blocco delle attività economiche e sociali che comportano un contatto tra persone (cd. lockdown), a cui si aggiungono restrizioni più o meno importanti per una durata che ha ormai superato 1 anno; 6) il peggioramento della situazione economica e psicologica di vaste fasce della popolazione, anche per il forte deterioramento della qualità della vita per il confinamento in abitazioni, spesso prive di adeguati spazi, e per la notevole riduzione dei contatti sociali; 7) la diminuzione dell’efficienza produttiva in diversi settori economici, anche per effetto della telematizzazione dei rapporti, e del ricorso generalizzato allo smartworking; 8) il sorgere di tensioni sociali, per effetto della relativa diffusione di sentimenti “negazionisti”, e di contrarietà ai vaccini 9) l’incertezza sul futuro, sia per la lenta distribuzione dei vaccini, sia per il sorgere di nuove varianti del virus.