Ai tempi della pandemia, quando l’urgenza di snellire la popolazione carceraria si fa ancor più preminente, c’è un migrante senegalese che si trova in carcere per scontare una pena di soli cinque mesi. Eppure, oltre che ha un suo diritto previsto dalla legge, ha tutti i requisiti per avere la detenzione domiciliare. Non solo. Nel carcere dove è detenuto è scoppiato un focolaio di Covid È recluso nel carcere di Siano, a Catanzaro, dove da pochi giorni sono risultati positivi al Covid 19 numerosi detenuti e agenti penitenziari. Lui è proprio in quel reparto ed è stato messo in isolamento precauzionali. Tutto qui? Oltre al danno, la beffa. Come se non bastasse, essendo recluso, la questura ha avviato nei suoi confronti l’iter per revocare il permesso di soggiorno. Parliamo di Seye Bathie, un senegalese che ha commesso un piccolissimo reato, tanto da essere stato condannato definitivamente a cinque mesi di reclusione, oltre la pena pecuniaria di soli 150 euro. Ad assisterlo è l’avvocata Chiara Penna del foro di Cosenza. Quando è arrivato l’ordine di esecuzione, è scaduto il termine per richiedere la misura alternativa a causa del ritardo del senegalese nel dare una procura speciale al difensore di fiducia. È in cella dal 17 gennaio Il 17 gennaio, il giorno dopo l’ordine di esecuzione, ha varcato le soglie del carcere di Catanzaro. Fortunatamente è consentito richiedere una seconda sospensione dell’ordine di esecuzione della pena detentiva, qualora la pena medesima non sia superiore ai 18 mesi, anche nei confronti di quei soggetti per i quali sia già spirato infruttuosamente il termine di 30 giorni per proporre istanza per la concessione delle misure alternative alla detenzione. Ma iniziano i primi problemi. Alla prima istanza per chiedere la detenzione domiciliare, la magistratura di sorveglianza ha risposto che secondo le informazioni pervenute dalla polizia di Catanzaro non era idoneo il domicilio. E questo nonostante sia stato allegato il contratto di affitto. A quel punto, l’avvocata Penna si è messa in moto con il presidente dell’associazione senegalesi italiani di Bergamo e sono riusciti a trovare una sua parente che risiede a Napoli, la quale si è resa disponibile ad ospitare Seye. Tutto risolto quindi? Nonostante sia stato indicato un domicilio la decisione del magistrato tarda ad arrivare No, perché nonostante l’istanza dove si è fatto presente di aver trovato un domicilio idoneo, non c’è stato alcun riscontro. Dopo l’ulteriore sollecito, visto che la risposta ha tardato ad arrivare, l’ufficio di sorveglianza ha comunicato che il fascicolo risulta essere tuttora in istruttoria in quanto la Questura di Catanzaro non ha trasmesso ancora alcuna informazione in merito alla pericolosità sociale di Seye. Ebbene, ribadiamo, parliamo di un uomo condannato per contraffazione, cinque mesi di pena e 150 euro di sanzione. Quanto tempo ci vuole per un uomo che ha il diritto a espiare la pena presso il domicilio documentato agli atti? Ancora oggi, dopo due mesi che è ancora in carcere, la risposta della magistratura di sorveglianza tarda ad arrivare. «È inconcepibile – spiega a Il Dubbio l’avvocata Chiara Penna - che un essere umano che deve giustamente scontare una pena detentiva di soli cinque mesi, debba attendere altrettanti mesi in carcere per una decisione da parte dell’organo deputato ad applicare la legge». E aggiunge: «Tra l’altro in un momento in cui vi è la forte esigenza di evitare il sovraffollamento carcerario ed in una ipotesi in cui al soggetto interessato possono essere applicate misure alternative alla detenzione medesima».