In Italia, unico tra i grandi Paesi dell'Europa occidentale dove tre anni fa una coalizione euroscettica, per non dire francamente antieuropeista, era al governo, non si trova più un antieuro a pagarlo oro. La sterzata è stata tanto corale e brusca da legittimare dubbi o sulla sincerità delle posizioni precedenti o su quella dell'attuale europeismo, al quale non sfugge nessuno, neppure Fd’I che pure è solo tra i partiti di dimensioni ragguardevoli a non fare parte della maggioranza. Ancora più difficile, se possibile, è individuare qualcuno critico con il presidente del consiglio che dell'Europa è il massimo simbolo in Italia, Mario Draghi. Anche quelli che ce l'hanno a morte con il suo governo, come il direttore del Fatto Marco Travaglio la cui influenza sul M5S è incontestata, bersagliano la squadra, considerano il cambio della guardia a palazzo Chigi ingiusto e discutibile, ma sul premier in realtà si uniscono al peana corale degli estimatori.

Si tratta in realtà di una tendenza generale, non limitata all'Italia. Negli Usa Trump è stato scalzato dalla Casa Bianca. In Francia la presa di Macron, inizialmente incerta, è diventata sempre più salda. Nell'intera Europa la minaccia “sovranista” sembra essere quasi di punto in bianco svanita, anche perché il principale cavallo di battaglia, l'immigrazione, è scivolata in fondo all'agenda delle opinioni pubbliche nazionali.

La sterzata, improvvisa e tutto sommato imprevista se si pensa che alla fine del 2019 il sovranismo era ancora considerato la principale minaccia incombente sull'Europa, è dovuta in tutta evidenza al Covid e alla reazione della stessa Ue alla pandemia. È stato il virus a rovesciare l'agenda, mettendo in evidenza quanto limitato e pretestuoso fosse l'allarme per l'immigrazione a fronte di una minaccia reale e di un'emergenza concreta. Ma è stata la reazione positiva della Ue, dopo il primo momento di sbandamento, quello nel quale sembravano dover prevalere gli interessi nazionali, a sovvertire la disposizione nei confronti dell'Europa non solo dei vertici di partito ma prima e soprattutto delle loro diverse basi elettorali.

Non si tratta di una vittoria posticcia ed effimera ma neppure, ancora, di un risultato consolidato e diviso. L'Europa ha dato una prova di vitalità e di capacità di cambiare al di sopra delle aspettative sul piano delle misure economiche, imboccando una via che a emergenza conclusa non potrà probabilmente più essere abbandonata. Ma sul piano dell'intervento concreto le cose stanno molto diversamente. La Ue non è riuscita a concordare una strategia comune, ha perso tempo prezioso invece di prepararsi alla produzione dei vaccini, è apparsa spesso, ed è l'aspetto più preoccupante, subordinata agli interessi delle grandi case farmaceutiche. Per questo si gioca oggi nella battaglia della vaccinazione moltissimo. Se continuerà a segnare il passo mentre i Paesi che “fanno da soli” escono progressivamente dall'emergenza, se si ritroverà a dover fare ancora il conto quotidiano delle vittime mentre gli Usa e il Regno Unito iniziano a vedere davvero la luce, le conseguenze in termini di credibilità saranno enormi ed esiziali.

La sfida e il correlato rischio sono per il governo italiano anche più alti. Draghi è arrivato a palazzo Chigi con l'obiettivo di mettere mano essenzialmente al Recovery Plan, terreno sul quale sa perfettamente come muoversi. Ma i risultati del Recovery italiano si vedranno nel corso del tempo, mentre la stanchezza crescente per una emergenza che sembra infinita è di oggi, è qui e ora. Gli italiani resistono perché gli è stato detto che comunque si vede la luce alla fine del tunnel, che nel giro di pochi mesi il peggio sarà passato. Era la linea comunicativa che aveva scelto Conte: quella della rassicurazione anche se non sempre a proposito. Draghi ha deciso invece di trattare gli italiani da adulti, di dire le cose come stanno, senza spaventare e senza rassicurare. Ma è una formula che terrà se il piano vaccini procederà davvero speditamente. In caso contrario la popolarità di cui godono oggi sia la Ue che Mario Draghi potrebbe sciogliersi al sole di una nuova estate di crisi.