Brasile - Il giudice della Corte suprema Edson Fachin ha invalidato tutte le condanne penali a carico dell’ex presidente Lula da Silva, ripristinando i suoi diritti politici e rendendolo di nuovo idoneo a correre contro Jair Bolsonaro alle presidenziali 2022. Lula era in testa a tutti i sondaggi quando fu condannato nel 2018 in seguito all'inchiesta dalla giustizia federale del Paranà per l’operazione Lava Jato. Fachin ha stabilito che la giustizia del Paranà non aveva la competenza giuridica richiesta per analizzare le azioni criminali. Il giudice ha anche stabilito che i rispettivi casi vengano inoltrati alla giustizia del distretto federale. Il caso giudiziario dell’ex presidente del Brasile era tornato davanti alla Corte Suprema in seguito a nuove rivelazioni della polizia federale che ha messo le mani su delle chat dalle quali sarebbe emerso che il giudice Sergio Moro, allora a capo dell’operazione anti-corruzione Lava Jato, avrebbe aiutato il pubblico ministero Deltan Dallagnol a istruire la causa contro Lula. In quel processo, l’ex presidente brasiliano fu condannato a otto anni e dieci mesi di carcere con l’accusa di corruzione, per poi essere rilasciato a novembre del 2019 dopo oltre 500 giorni di detenzione. Già allora le chat tra i due magistrati scatenarono un terremoto politico, a seguito dello scoop del sito di inchiesta “The Intercept” che aveva pubblicato il contenuto della corrispondenza tra i due. In quell’occasione a intercettare i messaggi erano stati alcuni hacker, che li avevano poi forniti ai giornalisti, ed essendo stati acquisiti illegalmente, non erano utilizzabili contro i protagonisti delle conversazioni. Mentre ora è la stessa polizia federale – nel tentativo di scovare gli hacker – ad essere entrata in possesso del contenuto completo di quelle chat, acquisite anche dalla difesa di Lula che aveva chiesto e ottenuto dalla Corte Suprema di visionare i messaggi. I colloqui tra magistrato giudicante e il pm violano infatti l’articolo 254 del codice del processo penale brasiliano, consentendo alla difesa dei condannati in quei processi di considerare il giudice «sospetto di non essere imparziale». E di chiedere quindi l’annullamento del giudizio.