Non solo ha gravi patologie legate al recente trapianto di reni, ma al 41 bis vive lasciato a sé stesso ed è disorientato nel tempo e nello spazio a causa della sua demenza. Parliamo di Vincenzino Iannazzo, uno dei tre uomini al 41 bis mandati in detenzione domiciliare per i loro gravi motivi di salute e con l’aggravante del Covid 19 che incombeva e incombe tuttora. Su quelle misure si scatenò una feroce indignazione, cavalcata dai media, tanto che l’allora ministro della Giustizia Bonafede per accontentare gli umori varò un decreto che, di fatto, li fece rientrare subito dopo in carcere. Una ferocia che si scontra contro il buon senso e logica. I fatti sconfessano l’accanimento. Pasquale Zagaria, affetto da tempo da una grave neoplasia, è tornato libero per fine pena. Francesco Bonura, gravemente malato, a breve finirà la pena poiché gli mancano pochi mesi. Il terzo però è tuttora recluso al 41 bis nonostante ci sia una perizia delle Consulenze tecniche d'ufficio (Ctu) quando era precedentemente detenuto al carcere di Viterbo, che esplicita l’incompatibilità con il regime duro. Per il Ctu la memoria recente sembra deficitaria Come ha segnalato l’associazione Yairaiha onlus, che si sta occupando del caso Vincenzino Iannazzo, «la stessa Corte d'Appello di Catanzaro, a seguito di perizia del Ctu, dichiarò che l’uomo è compatibile al regime carcerario esclusivamente in una struttura di medicina protetta come il Belcolle di Viterbo e non già con il regime detentivo ordinario». Quindi figuriamoci il 41 bis. Lo stesso perito del giudice che l’ha visitato – il quale però ha recentemente rigettato l’istanza per il differimento pena -, segnala che l’uomo è «scarsamente curato nella persona e nell’abbigliamento». Dice che l’attitudine generale è dimessa. La mimica è molto contenuta. La memoria recente sembra deficitaria. I contenuti mnesici non sono sistemati in schemi temporali esatti, correttamente seriati nella susseguenza temporale e storica degli eventi. Ha senso il regime duro, nato con uno scopo ben preciso, per questa persona? I problemi cognitivi lo rendono incapace di dare eventuali ordini all’esterno La vicenda di Vincenzino Iannazzo rende di difficile comprensione il senso del 41 bis. Oltre ad avere gravi patologie dovute dal trapianto di un rene, ha la demenza a corpi di Lewy. Una patologia molto simile all’Alzheimer e che comporta anche delle vere e proprie allucinazioni. Quindi non solo è incompatibile con il 41 bis perché gravemente malato, ma anche per i problemi cognitivi che lo rendono incapace di dare eventuali ordini all’esterno: il 41 bis nasce perché ha come unico scopo quello di evitare che un boss dia ordini al proprio clan di appartenenza. Se viene meno questo pericolo, il 41 bis non può essere giustificato. Ma questa è solo teoria visto che nell’immaginario collettivo il regime duro non è considerato emergenziale e con uno scopo ben specifico, ma un mezzo che va utilizzato a prescindere. Magari fino alla morte. Iannazzo è andato ai domiciliari nel periodo di aprile/maggio scorso, causa emergenza Covid-19 in quanto trapiantato renale e il virus potrebbe essergli fatale. Già nel breve frangente in cui è rimasto a casa, i familiari si sono accorti che non era più in lui avendo dei comportamenti strani: non riconosceva sua moglie, parlava con la televisione, non riusciva a usare correttamente i sanitari. Attualmente Iannazzo è recluso nel carcere di Parma A seguito del famoso decreto Bonafede, Iannazzo viene tradotto in carcere presso il reparto di medicina protetta Belcolle di Viterbo dove, a seguito di lungaggini infinite, viene acclarata (anche tramite un esame particolarissimo, un Pet-Tac eseguito in ottobre) una patologia neurodegenerativa a livello di sistema nervoso centrale. Parliamo appunto della demenza di Lewy. Viene fatto presente dal reparto di medicina protetta che il permanere in quella struttura «potrebbe contribuire a peggiorare le condizioni neurocognitive e psichiche del paziente» e che tutti gli esami strumentali, visite, e comportamenti del paziente sono compatibili con la patologia indicata in precedenza. Le istanze di differimento pena per gravi infermità vengono però puntualmente rigettate. Tutto dovuto dalle pressioni dell’opinione pubblica che ha indotto il governo a reagire, facendo indirettamente pressione alla magistratura competente. In soldoni, da allora in poi le decisioni non sono più serene. Attualmente Iannazzo si trova recluso nel carcere di Parma. Gli è stato assegnato unicamente un piantone con assistenza in cella per la pulizia della stessa: per contro - si legge nella relazione del medico che l’ha visitato recentemente per conto dei familiari - nelle attività della vita quotidiana il soggetto è «lasciato a se stesso». Si legge che l’ovvia conseguenza di questo è «una scarsa igiene personale, scarsa attenzione nell'abbigliamento e nella cura del sé con disorientamento tempo spaziale». Rigettate tutte le istanze per la detenzione domiciliare L’associazione Yairaiha che, com’è detto segue il caso Iannazzo, nella sua ultima segnalazione al ministero della Giustizia e al Dap, denuncia che non si può «ignorare nemmeno la natura degenerativa della patologia in sé per cui ogni terapia che si andrà a predisporre potrà esclusivamente alleviare il progressivo e inesorabile peggioramento delle sue condizioni fisiche e psichiche». Osserva che «a questo punto torna forse utile ricordare la preminenza del diritto alla salute sulla potestà punitiva dello Stato che prevede il differimento della pena laddove la persona versi in gravissime condizioni (art. 147 C.P.) o la sua tutela risulti particolarmente a rischio vista la pandemia in atto, come ricordato pochi giorni anche dal Procuratore Salvi». L’ultima istanza viene rigettata dal magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia, ma rimette la decisione al tribunale di sorveglianza di Bologna. Ci sarà ancora un margine per far rispettare la legalità costituzionale? Oppure, ancora una volta, bisognerà arrendersi alla ferocia dettata da chi pensa che la mafia si combatta accanendosi con chi si ritrova in condizioni di miseria psicofisica?