«Non siamo una casta»: l’urlo arriva dall’Associazione nazionale magistrati, che si espone pubblicamente chiedendo il vaccino per tutti lavoratori del comparto giustizia. Non solo per i magistrati, dunque, ma anche per avvocati e personale amministrativo. E ciò a scanso di equivoci, per evitare, dunque, l’accusa di voler tutelare solo una parte di un ecosistema che che dipende equamente da ogni sua parte.

La Giustizia, così come previsto dall’articolo 1 del decreto legislativo 146/ 1990, è un servizio pubblico essenziale. Ed anche nel pieno della pandemia, avvocati, magistrati e personale amministrativo non si sono mai sottratti al loro dovere, in quanto non «può essere posta in quarantena la tutela dei diritti», hanno sottolineato, nei giorni scorsi, gli avvocati di Piemonte e Valle d’Aosta. Che reclamavano, così come moltissimi altri colleghi sparsi per tutta l’Italia, un intervento da parte delle Regioni affinché il comparto Giustizia non venisse dimenticato. La situazione, attualmente, è paradossale: diverse Regioni, tra le quali Toscana, Sicilia e Puglia, hanno accolto le richieste degli ordini, consentendo ad avvocati, magistrati e personale amministrativo di accedere al piano di vaccinazione al pari delle altre categorie ritenute essenziali. Altre, invece, non hanno ancora preso una decisione, con la conseguenza di una vaccinazione a macchia di leopardo per il settore. Un paradosso che si ingigantisce se si considera che i magistrati del distretto della Corte d’Appello di Piemonte e Valle d’Aosta, invece, sono stati inseriti tra le categorie prioritarie. Ma per far ripartire ed operare in sicurezza la giurisdizione, sottolineano gli avvocati, è necessario inserire tutti coloro che vi contribuiscono nel piano di vaccinazione. Limitarlo, infatti, ai soli magistrati «significherebbe non garantire comunque una piena immunizzazione a chi frequenta i Palazzi di Giustizia».

I magistrati non ci stanno a passare per privilegiati. Anche perché al comparto giustizia è destinato, potenzialmente, solo il vaccino AstraZeneca, «il quale non è utilmente somministrabile ai soggetti vulnerabili, che già risultano inseriti nelle categorie di popolazione destinatarie di altre tipologie di vaccino». E invitano così tutti ad approfondire le linee guida del piano strategico per la vaccinazione, «che prevede, tra i gruppi target di popolazione cui offrire il vaccino in via prioritaria, anche i lavoratori dei servizi essenziali, onde ridurre i contraccolpi derivanti da possibili focolai di contagio sulla continuità del servizio reso ai cittadini». Tutti, appunto, e non solo una parte di essi. D’altronde, sottolinea l’Anm, magistrati, avvocati e personale amministrativo sono assimilabili ad insegnanti, personale scolastico, forze dell’ordine, personale delle carceri e dei luoghi di comunità. Ed è solo per questo che tocca invertire il ragionamento e chiedersi se si possa correre il rischio di mettere tra parentesi la domanda di Giustizia o la salute di chi lavora per soddisfarla. Il tutto in uffici giudiziari «non sempre dotati di adeguati sistemi di aerazione e di locali idonei a garantire il necessario distanziamento ( se non a costo di un eccessivo rallentamento del servizio)». Luoghi in cui gli assembramenti sono all’ordine del giorno, in cui i contatti tra lavoratori e cittadini sono frequenti, «attesa la larga affluenza quotidiana di operatori di giustizia ed utenti, con evidente ed elevato rischio di diffusione del contagio e di sviluppo di focolai epidemici».

Giuseppe Meliadò e Antonio Mura, rispettivamente presidente e procuratore generale presso la corte d’Appello di Roma, hanno scritto nei giorni scorsi una lettera al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, chiedendo che «al più presto gli operatori di giustizia vengano inseriti nella programmazione prioritaria delle vaccinazioni anti- Covid, venendo incontro alle aspettative di chi lavora, in condizioni difficili, per la salvaguardia di diritti fondamentali della comunità». Richiesta che il 25 febbraio scorso è stata formulata anche dall’Unione degli ordini degli avvocati del Lazio, sottolineando «che il regolare e completo svolgimento della giurisdizione non può essere garantito se non tutelando la salute di tutti gli operatori di Giustizia, tenuto conto che anche un solo contagio di uno di essi comporta il blocco dell’attività di un intero palazzo di Giustizia, con inevitabile aggravamento del già drammatico arretrato» .