Secondo il sociologo Domenico De Masi, Beppe Grillo «si è fatto fregare da Draghi» e ora la via d’uscita per il Movimento 5 stelle è «un triumvirato in cui Conte faccia da mediatore tra Di Maio e Di Battista».

Professor De Masi, il M5S si trasformerà in un partito prettamente ambientalista?

Beh, all’inizio una delle stelle significava acqua pubblica e ora significa ambiente, quindi non c’è dubbio che nella loro vocazione ci sia l’ambientalismo. D’altra parte è assurdo che l’Italia sia l’unico paese d’Europa senza partiti marcatamente ambientalisti.

Quali tappe toccherà questo cambiamento?

Dal punto di vista sociologico tutti i partiti sono nati come movimenti e tutti i movimenti cercano a un certo punto di diventare partiti. Non tutti ci riescono, perché nella transizione alcuni si estinguono. Quando dico movimento intendo un cumulo di sabbia composto da tanti granelli, uno diverso dall’altro; un partito è invece un mattone, più piccolo ma più compatto. Loro stanno facendo questa transizione. Ho fatto una ricerca sulle quindici persone di vertice del Movimento con due lunghissimi questionari e devo dire che alcune cose della loro ideologia iniziale sono rimaste, altre sono cambiate.

Ad esempio?

Hanno conservato temi come l’onestà, la trasparenza, l’empatia, l’ambiente, l’interclassismo, la terza via, la democrazia diretta, l’importanza di una piattaforma digitale; poi c’è una serie di spostamenti culturali che fanno riferimento all’europeismo, al dialogo attivo con Cina e India, all’atteggiamento più accomodante con l’immigrazione, alla forte contrarietà all’agnosticismo e al populismo, al “socialismo di stato”, alla leadership di gruppo, al rifiuto dell’uno vale uno e al recupero del ruolo dei sindacati e degli intellettuali.

Crede che tali cambiamenti abbiano allontanato la base del Movimento dai vertici?

Questi passaggi sono stati fatti dal gruppo dirigente, ma non sappiamo a che punto della transizione sia la base. Anche tra i più di trecento parlamentari i più filogovernativi sono propensi a una visione di partito, mentre gli altri sono rimasti legati alla struttura del movimento.

In termini di consenso, quanto potrebbe raccogliere il nuovo Movimento?

Dipende molto da come si pone la “questione Conte”. Se in questo momento, come io ho suggerito, facessero un triumvirato con Di Maio, Di Battista e Conte mediatore tra loro due, sarebbe un grosso colpo. Conte vale ancora dai cinque ai sette punti percentuali e quindi entrando nei Cinque stelle li porterebbe al di sopra del venti per cento, imbarcando l’ala movimentista. Che gli è comunque utile perché dà al partito quell’effervescenza che gli altri partiti non hanno. Sarebbe molto originale un partito con all’interno anche i movimentisti. Se avessero fatto rapidamente questa operazione avrebbero rimpolpato il movimento assorbendo le diverse frange e si sarebbero assicurati un avvenire abbastanza importante. Avrebbero assunto la leadership del campo progressista, ma sono ancora in tempo.

Non dovessero ascoltare il suo consiglio, quale futuro vede per l’ex presidente del Consiglio?

Secondo me avrebbero tutto da guadagnare sia lui che il Movimento se ne diventasse il leader. Naturalmente questo farebbe passare in secondo piano la leadership di Di Maio ma lo stesso ministro degli Esteri è stato così generoso da proporlo. Il problema di Conte è burocratico, perché non può farsi eleggere nel gruppo di testa dei cinque che dovrebbero guidare il partito dal momento che non è iscritto.

Beh, più volte il M5S ha dimostrato di superare agilmente i problemi burocratici, quando voleva farlo.

Appunto. Questa sarebbe la loro unica salvezza ma solo Grillo potrebbe fare questo miracolo. Credo che non ci sia altra speranza. L’unica possibilità è un rafforzamento della loro consistenza come partito e con il triumvirato cambierebbe tutto.

In quel caso, come prenderebbe il Pd un ritorno del M5S sopra al venti per cento?

Non saprei ma resta il fatto che il Pd è il vero problema della sinistra italiana. È un partito incartapecorito, sempre con le stese facce. I Cinque stelle, che piaccia o meno, hanno portato nuove facce in politica. È il partito con la più alta percentuale di giovani, donne e laureati. È innegabile.

Pensa che Draghi trasformerà i partiti o al termine di questa esperienza di governo si tornerà alla battaglia politica di sempre?

Debbo dire la verità. Leggendo con attenzione il discorso di Draghi al Senato l’ho ritenuto molto più debole di quanto i giornalisti abbiano millantato. Ha toccato mille problemi ma tutti in modo fugace. La scaletta è la stessa da settant’anni: Mezzogiorno, donne, disoccupazione. Si parla della parità uomo donna e poi ci sono 15 ministri uomini e 8 donne. Su cinquemila parole solo quindici volte si è nominato il lavoro, di cui cinque in maniera astratta. Penso che Grillo si sia fatto fregare.

Il M5S aveva una forza contrattuale enorme, perché senza di loro Draghi non poteva fare il governo. Non per un fatto numerico ma perché altrimenti la forza di Salvini sarebbe stata preponderante e questo avrebbe creato problemi in sede europea. Draghi aveva bisogno come il pane dei grillini come forza progressista contrapposta a Salvini. Come mai il presidente del Consiglio che parla pochissimo ha fatto due ore e mezza di telefonata con Grillo? Aveva il bisogno assoluto di convincerlo e lui ci ha creduto.

Ottenendo, a detta di Grillo, la creazione del “superministero” della Transizione ecologica.

Non è un superministero e soprattutto non è stato dato a un grillino. Fabiana Dadone stava facendo benissimo alla Pa ed è stata spostata alle politiche giovanili, che non contano niente. Andava lasciata li perché stava facendo un gran lavoro per spingere lo smart working nella Pa.

Di recente Grillo ha dato il suo endorsement alla ricandidatura a di Raggi a Roma. Crede che il garante sia ancora centrale nel Movimento?

Da romano, mi lasci dire che trovo vergognoso che una persona da Genova debba decidere chi ci debba governare. Stimo Grillo e ho un ottimo rapporto con lui ma chi deve essere il sindaco di Roma lo faccia dire ai Cinque stelle di Roma. Detto questo, Grillo resta la persona di gran lunga più autorevole del Movimento, la più rispettata, ma questa volta si è fatto fregare da Draghi.