Considerare tra le categorie prioritarie per il vaccino anche i protagonisti dell’amministrazione della Giustizia, tra i quali pari rango dovrebbe essere riconosciuto alla categoria degli avvocati. È quanto chiesto dal senatore Franco Dal Mas, in quota Forza Italia, al ministro della Giustizia Marta Cartabia e al ministro della Salute Roberto Speranza. Una richiesta inoltrata alla Guardasigilli dal presidente della seconda commissione permanente Giustizia al Senato Andrea Ostellari (Lega), che ha anche chiesto di conoscere lo stato della campagna vaccinale nelle carceri. L’iniziativa ricalca il sentimento dell’avvocatura, come dimostrato dalle richieste inoltrate dai vari ordini territoriali a governo e Consigli regionali, ottenendo in alcuni casi l’inserimento della categoria tra quelle prioritarie per la vaccinazione. E ciò perché «la Giustizia non può tollerare ulteriori ostacoli e condizionamenti al proprio regolare e corretto funzionamento, né i cittadini ingiustificabili limitazioni ai propri diritti», come si legge nella nota inviata dall’Unione degli ordini forensi della Sicilia al governo e ai vertici dell’avvocatura. Quello che viene chiesto non è una corsia preferenziale, ma un’esigenza concreta. Perché la Giustizia rientra a pieno titolo tra i servizi pubblici essenziali, con la diretta conseguenza che l’attività degli addetti a tale comparto - così come avviene per la sanità e per l’istruzione - sia da ritenere, a pieno titolo tra quelle di rilevante interesse pubblico e generale, destinate alla collettività. Il punto di partenza di questa discussione, che da mesi tiene banco tra gli addetti ai lavori, non può che essere l’articolo 24 della Costituzione, secondo cui la difesa è diritto inviolabile. E i diritti, anche in tempo di Covid, non possono essere messi tra parentesi in nome della crisi. Tant’è vero che, nonostante le difficoltà, la macchina giudiziaria ha continuato a lavorare: a rilento, dimostrando tutte le sue criticità, ma senza sosta. Almeno per gli avvocati che, anche nel periodo più buio della crisi pandemica, hanno continuato a recarsi in Tribunale, ricominciando a farlo quasi quotidianamente con l’allentamento delle misure. La ragione è una: la Giustizia è un servizio che non può essere messo in stand by. E in particolare per quanto riguarda i «provvedimenti restrittivi della libertà personale e quelli cautelari ed urgenti, nonché i processi penali con imputati in stato di detenzione». Ora che i tribunali sono quasi completamente operativi, sono all’ordine del giorno assembramenti e problemi logistici, che rendono i luoghi della Giustizia, a tutti gli effetti, luoghi a rischio. Al momento, però, non c’è una regola che valga per tutti. Le richieste arrivano da lontano: a gennaio erano stati l’Associazione nazionale magistrati e il Consiglio nazionale forense a chiedere all’allora Guardasigilli Alfonso Bonafede di far vaccinare avvocati e giudici per far ripartire la Giustizia. Richiesta avanzata, poi, anche da Cassa Forense, che ha contato nel frattempo oltre 10mila avvocati indennizzati causa Covid. Numeri che rendono l’idea dell’effettivo grado di rischio vissuto quotidianamente.Adesso, però, sono i singoli ordini a muoversi. In Sicilia e in Toscana i risultati sono già arrivati: i rispettivi Consigli regionali hanno, infatti, già provveduto ad inserire gli avvocati tra le categorie prioritarie per il vaccino. Mentre nessuna risposta è arrivata alle uguali richieste formulate dagli Ordini territoriali di Lazio, Lombardia e Calabria. Ad evidenziare l’assurdità di regole diverse per territorio è il presidente dell’ordine degli avvocati di Roma, Antonino Galletti. «Per quanto riguarda l’Avvocatura, siamo all’assurdo oramai di una vaccinazione a macchia di leopardo sul territorio nazionale - ha evidenziato -. Capita così che gli avvocati siano considerati categoria a rischio in Sicilia ed in Toscana e non invece altrove, ad esempio, a Roma e nel Lazio, dove fin da novembre abbiamo chiesto come Coa Roma e come Unione degli Ordini Forensi del Lazio di procedere alla vaccinazione degli iscritti quanto prima per assicurare continuità al servizio primario della Giustizia. Per ora non sono arrivate risposte - ha aggiunto - eppure sia a Palermo, sia a Firenze e sia a Roma, gli avvocati frequentano aule d’udienza affollate, visitano i detenuti, incontrano una pluralità di assistiti, contribuiscono come parte essenziale al funzionamento di un servizio pubblico essenziale quale quello della Giustizia, che non può certo fermarsi, non potendosi sbattere le porta in faccia ai diritti ed alle libertà». Il punto, ovviamente non è chi vaccinare prima e chi dopo tra coloro che appartengono alle categorie considerate a rischio e all’interno della stessa categoria in zone diverse della Penisola, ha proseguito Galletti, «ma procedere a un intervento organico che riguardi tutto il territorio nazionale, per evitare che almeno su temi delicati come questi, il diritto alla salute e il diritto alla Giustizia, non vi siano sperequazioni e non si riproducano situazioni grottesche come quella dei provvedimenti organizzativi assunti nei Tribunali durante la prima ondata della pandemia, quando ogni sezione, ufficio e ogni singola cancelleria procedevano con disposizioni autonome e del tutto scollegate dalle altre: i famosi dieci chili di carte e burocrazia che pesammo pubblicamente a Roma».