Il 7 febbraio 2020 Patrick Zaki fu arrestato in Egitto. Da un anno è in carcere senza processo e nel famigerato carcere di Tora. Quattro giorni fa è arrivata l'ultima doccia gelata sulle speranze che fosse rilasciato, con il rinnovo della custodia cautelare - l'ennesimo - per altri 45 giorni. La notizia è stata confermata ai legali dello studente egiziano solo il giorno dopo che alcuni media filogovernativi avevano pubblicato l'esito dell'udienza. A Bologna e diverse altre città italiane si mobilitano con l'affissione dei dieci manifesti vincitori di "Free Patrick Zaki, prisoner of conscience", edizione speciale del concorso "Poster For Tomorrow". E sempre lunedì è in programma una maratona musicale per Zaki. Già a fine dicembre l'Egyptian Initiative for Personal Rights (Eipr), l'ong per la difesa dei diritti civili con la quale Patrick Zaki collaborava, aveva annunciato - a seguito del rilascio di suoi tre dirigenti - che l'udienza per il rinnovo della carcerazione del 29enne era stata anticipata. Un segnale, si auspicava, che qualcosa si stesse muovendo. Ma Patrick Zaki continua a restare in prigione con l'accusa di propaganda sovversiva. Fonti della Farnesina hanno espresso "profonda delusione e disappunto" per l'esito dell'udienza dei giorni scorsi. Il ministero degli Esteri, hanno assicurato le fonti, continuerà a seguire da vicino la vicenda «È inimmaginabile che ci siano altri 12 mesi di detenzione senza processo per Patrick Zaki», ha dichiarato ad Aki-Adnkronos International Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, parlando di detenzione "arbitraria e crudele". «Se il governo egiziano pensa di tenere rinchiuso in carcere senza processo Patrick Zaki per 24 mesi», il massimo previsto dalla legge sulla detenzione preventiva, «dobbiamo con la nostra campagna impedire che ciò avvenga», prosegue Noury, auspicando che «il governo italiano capisca che la chiave della cella di Patrick Zaki è anche nelle sue mani» e quindi raddoppi «gli sforzi diplomatici per raggiungere una soluzione positiva della vicenda». In questi mesi si sono susseguite le udienze in cui ogni volta è stata rinnovata per 15 o 45 giorni la detenzione preventiva di Zaki, nonostante i numerosi appelli e iniziative del governo italiano, di politici, attivisti e associazioni. Lo scorso 22 novembre, l'ambasciatore italiano al Cairo, Giampaolo Cantini, a seguito della richiesta di incontro espressa anche da altri Paesi europei al ministero degli Esteri egiziano già nelle fasi immediatamente successive agli arresti degli attivisti di Eipr, aveva avuto un colloquio con l'assistant Foreign Minister egiziano per i Diritti umani, ambasciatore Gamaleddin. In quell'occasione, il rappresentante diplomatico italiano aveva manifestato la forte preoccupazione per l'inasprimento della repressione nei confronti della società civile e per la situazione dei diritti umani in Egitto, ribadendo la richiesta di un pronto rilascio dello studente. Marise Zaki, sorella dello studente egiziano dell'Università Alma Mater di Bologna, in un'intervista rilasciata a "La 7" in occasione dell'anniversario dell'arresto, ha detto chiaramente: «Sono accuse infondate, senza prove di un coinvolgimento in un reato indefinito. Abbiamo scoperto che mio fratello potrebbe rimanere in carcere un anno, due anni o forse di più, e non si sa se verrà mai scarcerato». Lubna Darwish, a capo del dipartimento per i diritti delle donne e la difesa di genere dell'Eipr, all'Aki-Adnkronos International dice: «Non c'è una giustificazione legale alla sua detenzione preventiva, Patrick è stato punito semplicemente a causa del suo lavoro sui diritti umani. l'anno dietro le sbarre sia iniziato per Zaki con "24 ore di torture, interrogatori e detenzioni illegali. Da allora è rimasto in custodia cautelare sulla base di un verbale di arresto falsificato. Per un anno il suo ordine di detenzione è stato rinnovato un'udienza dopo l'altra, senza sviluppi nel processo a suo carico».