Il “Sistema”, il libro-intervista di Luca Palamara con Alessandro Sallusti, già sold out in molte parti d’Italia, sta scatenando, com’era prevedibile, polemiche feroci fra le toghe. Le rivelazioni dell’ex togato Csm, per anni punto di riferimento dell’associazionismo giudiziario, hanno messo in imbarazzo più di un magistrato. Diverse le querele già presentate.

«Quanti sono chiamati in causa spiegheranno e diranno la loro verità e chi ne ha il potere distribuirà torti e ragioni. Quel che non può tollerarsi», è la reazione che il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia ha affidato ieri a una nota, «è che una intera istituzione, la magistratura, paghi oggi un prezzo elevatissimo in termini di sfiducia collettiva e di pericolosa delegittimazione per l’opera di quanti hanno creduto di poterla utilizzare per personale tornaconto. È il tempo della reazione indignata», è il passaggio chiave di Santalucia, «contro chi, per comprensibile convenienza, non si immerge nella faticosa opera di distinguere i fatti e i comportamenti dei singoli ma cuce con suggestione narrativa tanti diversi episodi per tratteggiare con le fosche tinte del complotto l’esistenza di un ‘ sistema’ in cui la magistratura si muoverebbe come un corpo unitario, animato da convenienze faziose e interessi corporativi». Parole durissime che, però, non sembrano essere condivise da tutti. A prendere le distanze dal presidente dell’Anm, esponente di primo piano della componente progressista “Area”, sono i vertici di “Magistratura indipendente”, Mariagrazia Arena e Paola D’Ovidio, rispettivamente presidente e segretario della corrente moderata. “Mi”, si ricorderà, era stata “penalizzata” dallo scoppio dall’affaire Palamara, con tre consiglieri su cinque al Csm costretti alle dimissioni per aver partecipato all’incontro all’hotel Champagne. «I fatti in questione, se veri, determinano discredito e un grave vulnus di credibilità della magistratura. Chiediamo con forza un rapidissimo accertamento della veridicità dei fatti narrati e una loro rigorosa valutazione, da operarsi nel rispetto di ogni garanzia, da parte degli organi preposti nell’interesse dell’intera magistratura e dei cittadini».

Dello stesso tenore il commento della presidente, a sua volta vicina a “Mi”, della Corte d’Appello di Venezia, Ines Marini: «Sarebbe sbagliato risolvere ogni cosa con l’espulsione del singolo, facendone un capro espiatorio: occorre circoscrivere la discrezionalità del Csm nelle nomine, privilegiando l’anzianità di servizio e l’esercizio effettivo dell’attività giurisdizionale rispetto a quella svolta fuori ruolo oppure in incarichi elettivi, anche istituzionali, perché questi ultimi presuppongono l’indispensabile supporto delle correnti».

Dopo lo scambio fra vertice Anm e componente “moderata”, ieri è poi di nuovo intervenuto Palamara, ormai corteggiatissimo dai media: domenica è atteso a “Non è l’arena” su La7: «Non sto parlando come una persona che è definitivamente fuori dalla magistratura, la decisione del Csm sulla mia rimozione è temporanea, non è definitiva, né esecutiva», ha esordito a chi gli domandava se avesse nostalgia della toga. «Nel libro - ha poi aggiunto - racconto fatti accaduti. Se l’ho fatto è per dare un contributo e svolgere una riflessione sul mondo della magistratura». Alla domanda sul perché avesse deciso di scrivere un libro, ha risposto di voler «spiegare il meccanismo delle nomine, anche perché il racconto che viene fuori dai giornalisti di giudiziaria è il racconto di giornalisti divenuti magistrati aggiunti, perché parlano con gli stessi e quindi diventano depositari di verità. Se qualcuno si sente danneggiato può chiamarmi e parlarne, io ci sono», ha quindi concluso, rinnovando l’invito a essere ascoltato dalla prima commissione del Csm, competente per le incompatibilità ambientali, con particolare riferimento alle polemiche per i passaggi del libro in cui e citato, fra gli altri, il togato Giuseppe Cascini, che giovedì sera ha annunciato di voler querelare Palamara. Ieri è arrivato anche il commento di Andrea Reale, fra i fondatori di Articolo 101. Il gruppo delle toghe “anticorrenti” aveva chiesto al pg di Cassazione Giovanni Salvi e allo stesso Cascini di querelare Palamara per quanto scritto nei loro confronti nel libro. Cascini ha appunto immediatamente assecondato l’invito. «Chiederemo all’Anm di prendere una posizione: auspichiamo il confronto pubblico anche in una sede istituzionale», precisa Reale, secondo cui «tutti i cittadini hanno il diritto di sapere come sono andati i fatti». A Palamara, osserva Reale, «è stato tolto il diritto di parola e di difendersi davanti all’Anm. Il processo disciplinare è stato troppo frettoloso, gli hanno falcidiato la lista testi. L’Anm deve decidere se essere parte offesa o riconoscere di essere stata protagonista di una stagione infamante della magistratura e dare atto al nuovo corso. Palamara è stato solo la punta di un iceberg».