Il professor Roberto D’Alimonte, docente di sistema politico italiano alla Luiss- Guido Carli, giudica come «plausibile» l’ipotesi di un Conte ter con una ricucitura tra il presidente del Consiglio e Italia Viva ma non esclude anche la possibilità di un’uscita di scena dello stesso Conte, perché «Pd e Movimento sanno benissimo che in caso rimanesse a palazzo Chigi e si votasse nel 2023 la sua figura rappresenterebbe una minaccia politica ed elettorale».

Professor D’Alimonte, dopo le dimissioni di Conte oggi iniziano le consultazioni al Quirinale. Quali scenari vede all’orizzonte? Al momento escludo le elezioni anticipate. Ritengo auspicabile ma poco probabile un governo di unità nazionale che dal mio punto di vista significa inglobare anche la Lega oltre a Forza Italia. Con l’aggiunta di Fratelli d’Italia sarebbe meglio ma lo vedo come ancor meno probabile. Le ipotesi più probabili sono un governo Conte ter sostenuto anche da Italia Viva e la variante di questo scenario è che insieme a Renzi potrebbe entrare un gruppo di responsabili. L’altra ipotesi è un governo con Renzi ma senza Conte.

In questo caso crede sia possibile che a guidare palazzo Chigi vada un esponente Pd o M5s?

Non ho la sfera di cristallo ma credo sia poco fattibile. Più probabile invece che vada una figura simile a quella di Conte, come ad esempio Marta Cartabia che ha una grande reputazione e ha dimostrato ottime capacità di mediazione da presidente della Corte Costituzionale. Un altro nome che mi viene in mente è quello di Enrico Giovannini, che ha competenze specifiche nella Green economy, parte integrante del Recovery Plan.

Renzi voleva la riscrittura proprio del Recovery Plan, la cessione delle delega ai servizi segreti e le dimissioni di Conte. Ha raggiunto i suoi obiettivi?

Sì, ma il punto fondamentale è che avendo un partito del 3 per cento non ha niente da perdere. Vuole un ruolo più visibile per il suo partito nel futuro governo che gli consenta di provare a schiodarsi da quella percentuale. Sta cercando iniziativa, credibilità e visibilità.

Dove ha sbagliato il presidente del Consiglio?

Uno degli errori di Conte è stato che dal momento della formazione del governo, che pure era il risultato anche di un’azione di Renzi, ha completamente ignorato il leader di Italia Viva, fino alle ultime battute. Lo ha marginalizzato, considerando come suoi unici interlocutori il Pd e il Movimento. Questo ha creato una situazione per cui Renzi, nel momento in cui ha ritenuto utile fare la sua mossa per ottenere peso e visibilità, l’ha fatta.

Pd e Cinque stelle per ora sostengono Conte. Crede che nelle prossime ore qualcosa in questo senso potrebbe cambiare?

Sì. Sia dentro al Pd che dentro al Movimento ci sono diversi esponenti che vedrebbero con piacere l’uscita di scena di Conte, perché ricordiamoci che Conte, per loro, rappresenta una minaccia politica.

In che senso?

Se resta presidente del Consiglio fino al 2023 e alle elezioni fa una sua lista personale porterà via parecchi voti sia al Pd che al Movimento e lo sanno bene sia Zingaretti che Di Maio. Se invece esce di scena ora, tra due anni nessuno si ricorderà più di lui e non sarebbe più una minaccia elettorale e politica. Se si trovasse un’altra figura gradita a entrambi i partiti certamente sarebbero contenti dell’uscita di scena di Conte.

Che magari potrebbe far parte comunque del governo, anche senza esserne la guida…

Non credo, è difficile. Uno che ha fatto il presidente del Consiglio, vista la situazione attuale, non accetterebbe un ruolo diverso.

Potrebbe impuntarsi e creare un suo partito con quella parte di parlamentari 5s che lo seguono, non crede?

Questo è possibile, ma non conoscendo gli interna corporis del Movimento 5 Stelle non so quanto sia realistico che lui se ne porti via una fetta. Per farci cosa poi? A quel punto il rischio di elezioni anticipate aumenterebbe di molto e anche quella fetta di parlamentari grillini favorevoli a Conte credo sia più favorevole a mantenere lo stipendio per il resto della legislatura oltre al vitalizio. Le elezioni, in quel caso, potrebbero diventare una seria minaccia e un disastro per il paese.

Con il sistema di voto attuale cosa accadrebbe in caso di ritorno alle urne?

Con questo sistema elettorale il centrosinistra, che oggi ha più voti del centrodestra, sarebbe comunque in svantaggio. Dai sondaggi una coalizione da Calenda a Di Maio, passando per Leu, Renzi, Bonino e Zingaretti, sarebbe di poco sopra al centrodestra unito di Salvini, Meloni e Berlusconi. Ma nei collegi uninominali ( dove il candidato deve essere comune) quale elettore di Calenda voterebbe un candidato grillino? In altre parole, dovendosi formare delle coalizioni, siamo sicuri che il centrosinistra riesca a unire un fronte così ampio? Io ho i miei dubbi…

Dopo le consultazioni di oggi quali saranno i prossimi passi del Colle?

Per il presidente Mattarella la cosa più ragionevole e razionale è accertare se Conte abbia o meno una maggioranza solida. Se ce l’ha, il capo dello Stato gli darà l’incarico. Se questa condizione non si verificasse troverà altre strade.

Saremo in grado di gestire i fondi del Recovery Plan nonostante la crisi?

Se usciamo da questa crisi in due settimane al massimo e con una maggioranza chiara e solida credo che non ci saranno particolari problemi. Se la crisi diventa complicata allora i problemi ci saranno sia nel contrasto alla pandemia sia nella predisposizione del Recovery. Il tempo, in questa crisi, è fondamentale.