Comunque vada a finire la crisi, Giuseppe Conte sarà chiamato a pagare un prezzo molto salato. Cè un nodo, infatti, che il presidente del Consiglio dovrà sciogliere, e in fretta, per restare in sella: la Giustizia. Tornata al centro dello scontro politico per una coincidenza fatale - la relazione al Senato del ministro Alfonso Bonafede proprio nelle ore più tese della crisi -Via Arenula si è trasformata nella moneta di scambio chiesta al premier da tutti gli ipotetici e futuri compagni di strada. Renziani o responsabili che siano, tutti fanno leva su quello che reputano il punto più debole dellesecutivo per trattare il loro ingresso in maggioranza. Alcuni chiedono la testa di Bonafede per cinico gusto punitivo nei confronti dellavvocato, altri ne approfittano per regolare qualche conto col ministro, considerato portatore di una cultura giustizialista da spazzare via. Appartengono di certo a questa categoria renziani e forzisti, da anni protagonisti di uno scontro feroce col Guardasigilli sui temi bandiera del Movimento 5 Stelle, primo fra tutti: la riforma della prescrizione. Concepita durante il Conte uno e tramutata in legge col Conte due, la prescrizione targata Bonafede ( sospesa dopo la sentenza di primo grado, anche in caso di assoluzione) è diventata lossessione di Matteo Renzi, che già nel febbraio scorso aveva minacciato di aprire una crisi di governo su questo tema. Solo la promessa di correggere il tiro attraverso gli emendamenti alla riforma del processo penale (da depositare entro la prossima settimana) aveva scongiurato il rischio di una frattura insanabile già un anno fa. Perché lex premier e il Guardasigilli non sono mai entrati davvero in sintonia, e anni di accuse reciproche non hanno certo aiutato a rasserenare il clima. E se a febbraio del 2020 Bonafede veniva definito «ministro del giustizialismo» sulla prescrizione, pochi mesi dopo, a maggio, in piena emergenza Covid nelle carceri era proprio lex premier ad abbandonare la barricata garantista per unirsi al coro di chi accusava Bonafede di «aver scarcerato boss mafiosi». Anche in quel caso, solo dopo una intensa mediazione, Italia viva decise di non sostenere la mozione di sfiducia al Guardasigilli presentata dalle opposizioni.Adesso che Conte traballa, sono in tanti a mettere nel mirino il ministro della Giustizia, luomo che ha trasformato un professore universitario in presidente del Consiglio. E a puntare le frecce non sono solo avversari storici. Perché è proprio dentro al Movimento 5 Stelle che monta linsoddisfazione più aspra nei confronti del capodelegazione. Certo, il malumore non traspare dalle dichiarazioni dei vertici, tutti pronti a fare quadrato attorno a Bonafede, è nella pancia del gruppo parlamentare che la voglia di rivalsa cresce. «In tutto questo tempo Alfonso non ha toccato palla», dice una deputata grillina, «si è limitatoa fare il passacarte di Conte», è laccusa più pesante. «Crimi e Di Maio lo difendono? Evidentemente qualche ministro si sentirà ben rappresentato, non il gruppo parlamentare, glielo garantisco», prosegue la confessione di chi imputa a Bonafede anche la responsabilità di non aver bloccato Conte, di non averlo invitato «a darsi una calmata». Insomma, deputati e senatori non sembrano affatto pronti a scendere in piazza per difendere il loro ministro. Anzi, se Via Arenula fosse lunica merce di scambio per garantire il proseguimento della legislatura, in tanti sarebbero disposti a metterla sul banco. E chi lo ammette non lo fa solo dietro garanzia danonimato. Cè chi esce allo scoperto senza temere ripercussioni. «Nel governo Conte 2 Bonafede ha fatto molto poco, e qualcosa è stato fatto anche male», dice senza mezzi termini il deputato M5S Andrea Colletti. «Dal mio punto di vista, sono errate anche le modalità con cui si sta lavorando al Recovery per quanto riguarda le risorse da investire sulla giustizia: così non si migliora e non si innova nulla», aggiunge Colletti, prima di infierire: «La politica legislativa del ministro è in mano ai burocrati. Per me il grande errore di Bonafede è stato affidarsi ai magistrati del suo ministero e poco ai parlamentari: le Commissioni Giustizia di Camera e Senato hanno lavorato pochissimo».Una bocciatura senza appello, dunque, che restituisce limmagine di un Movimento lacerato da un regolamento di conti interno, in cui gli esclusi dalla gestione politica provano a togliersi ora più di un sassolino dalla scarpa.Mentre Conte sale al Quirinale, per Bonafede comincia la battaglia più complicata. Per evitare di cadere dovrà guardarsi soprattutto le spalle.