Un corpo minuto e dei modi di fare miti e delicati che nascondono determinazione e un coraggio fuori dal comune. La vita della religiosa Hellen Preajean, 81 anni, è infatti una infaticabile battaglia contro l’omicidio di Stato, un dogma ancora oggi per la maggior parte degli americani.

Il grande pubblico la conosce da oltre un quarto di secolo per Dead Man Walking il bel film di Tim Robins vincitore di un Oscar con Susan Sarandon e Sean Penn tratto dal suo libro più celebre. Per tutti coloro che si battono per eliminare dalla faccia dell’America la pena di morte sister Hellen è un’autentica eroina fin dalla fine degli anni 70 quando decise di consacrare tutte le sue attività per contrastare le esecuzioni capitali.

Figlia dell’infermiera Augusta Mae e dell’avvocato Louis Sebastian Prejean è nata nel 1939 a Baton Rouge, capitale della Louisiana, profondo sud degli Stati Uniti. A soli 18 anni aderisce alla congregazione cattolica delle suore di Sain Joseph. Negli anni seguenti si iscrive al St. Mary's Dominican College di New Orleans dove ottiene un Bachelor in arte, poi un master in educazione religiosa all’università di Ottawa in Canada. Il ritorno a New Orleans la vede come direttrice della formazione spirituale della parrocchia Frances Cabrini e in prima linea nell’assistenza alle migliaia di poveri che pullulano nella città del jazz. È in quegli anni che Prejean avvia una fitta corrispondenza con i reclusi nel braccio della morte, Si appassiona al caso di Patrick Sonnier, condannato per l’uccisione di due adolescenti. Quando Sonnier fu messo a morte sulla sedia elettrica, suor Helen era lì per assistere alla sua esecuzione. Nei mesi successivi, diventa consigliera spirituale di un altro detenuto nel braccio della morte, Robert Lee Willie, ucciso anche lui dalla sedia elettrica. Esperienze toccanti in un paese all’ottanta per cento favorevole al castigo di Stato e che solo negli ultimi anni sta compiendo un faticoso e alternante cammino verso la sua abolizione.

Da quando i padri pellegrini sbarcarono sulle coste della Virginia e del New England l’America è cambiata non poco ma nel suo stomaco è rimasto un sentimento morale legato alla durezza di quei ferventi lettori del Vecchio Testamento, fedelissimi di quel Dio castigatore e vendicativo della Bibbia la cui volontà è incarnata dalla fredda mano del boia.

È contro questo senso comune veicolato dalle chiese evangeliche di cui è intrisa la nazione che la cattolica Prejean si batte senza sosta.

Per squarciare il velo di segretezza che avvolge la messa in atto della pena capitale, decide alla fine degli anni 80 di raccontare l’angoscia dei condannati, la crudele e burocratica macchina della morte che alimenta il sistema delle esecuzioni, scrivendo Dead Man Walking: An Eyewitness Account of the Death Penalty in the United States, che arriva negli scaffali delle librerie quando il sostegno al supplizio di Stato è ai massimi storici. Il libro diventa un best seller e apre un dibattito nazionale che raggiunge il mondo della politica- La voce di suor Helen conquista anche i suoi iniziali detrattori, dialoga con i cugini protestanti riesce ad aprire il varco e a seminare il dubbio. Nel corso dei decenni si confronta personalmente due papi, Giovanni Paolo II e Papa Francesco, esortandoli a stabilire la posizione della Chiesa cattolica come inequivocabilmente contraria alla pena capitale in qualsiasi circostanza. Sotto il pontificato di Wojtyla viene rivisto il catechismo: la chiesa ssi schiera contro le esecuzioni, anche consente ancora eccezioni. Nell'agosto 2018 l’incontro con Bergoglio che che dichiara che la pena di morte inammissibile in qualsiasi caso.

Oggi, sebbene la pena capitale sia ancora sformazlmente in piedi in 30 stati, è caduta in disuso nella maggior parte di essi. Intanto Helen Prejean continua il suo lavoro, dividendosi tra l'educazione della sue comunità religiosa, la campagna abolizionista, l'assistenza ai singoli detenuti nel braccio della morte e il supporto spirituale ai familiari delle vittime di omicidio