«Ferma la piena legittimità della determinazione del Consiglio giudiziario distrettuale di Bari, atteso che allo stato il diritto di tribuna non è previsto dalla legge ed è quindi una mera facoltà regolamentare, non posso però non auspicare, in linea generale, indirizzi tesi sempre verso la massima trasparenza e partecipazione». Le parole di distensione, dialogo e collaborazione arrivano da un grillino doc: l'onorevole pugliese Carla Giuliano, capogruppo in commissione Giustizia della Camera dei deputati per il Movimento Cinque Stelle.

Intervenendo sulla questione del ' diritto di tribuna' nei consigli giudiziari, dopo la vicenda barese che ha visto l'esclusione dei componenti laici, tre avvocati e un docente universitario, dalle sedute sulle valutazioni dei magistrati, l’onorevole Giuliano ricorda che «il ddl Buonafede, che è attualmente all'esame proprio della Camera dei Deputati, all'articolo 3, comma 1, lettera a) prevede in maniera vincolante tale diritto che, proprio in quanto non consente l'espressione del voto, rappresenta esclusivamente una forma di massima garanzia. E le garanzie, a mio personale avviso, vanno sempre accolte di buon grado da parte di tutti». «Confido pertanto - conclude - in segnali distensivi tra magistratura e avvocatura, che sono anime sotto differenti profili comunque poste a tutela della Giustizia, soprattutto nell'interesse superiore delle istituzioni che entrambe rappresentano».

La vicenda, del resto, aveva già provocato le reazioni preoccupate degli avvocati baresi che avevano parlato di «gravissimo arretramento culturale». E in una lunga e amara lettera rivolta ai due componenti di diritto dell’organismo, che — come dappertutto — sono il presidente della Corte d’appello e il procuratore generale avevano spiegato: «La logica seguita dai consiglieri, in aperto contrasto con l’esigenza di sempre maggiore trasparenza della magistratura, appare rispondere a scelte chiaramente corporative», scrivono i tre avvocati, «frutto di logiche interne e di quella sorta di allontanamento dalla realtà che finisce con lo sfociare in un elitarismo anacronistico, benzina per la sempre crescente sfiducia della collettività nella magistratura e quindi nella Giustizia del nostro Paese».

Ancora, secondo i tre rappresentanti del Foro — Gaetano Sassanelli per gli avvocati di Bari, Giuseppe Limongelli di Foggia e Diego Petroni di Trani — gli atteggiamenti dei “togati” appena entrati in carica ( a novembre) sembrano «lesivi del rispetto non solo dei singoli componenti, ma proprio dell’intera categoria dagli stessi rappresentata e quindi anche dell’avvocatura». I magistrati oltretutto sbattono la porta in faccia al Foro in un momento in cui proprio grazie alla «sempre maggiore collaborazione» offerta dagli avvocati si è riusciti ad affrontare il dramma del covid.

Rilievi davvero difficili da contestare, soprattutto perché, come ricordano i tre consiglieri, i «metodi sbrigativi che prescindono dal confronto» sembrano concepiti per «imporre quanto a tavolino era stato deciso al di fuori dal consesso»