«Se lo vedessi per un caffè gli chiederei “caro Renzi, intendiamoci sugli obiettivi, a te cosa interessa? Sei anche tu dell’idea che i processi debbano andare più veloci in modo che il nodo della prescrizione non si ponga neppure?”». Mario Perantoni dev’essere stato scelto per lo spirito zen. È presidente della commissione Giustizia della Camera in un momento pazzesco: il 21 gennaio scade il termine degli emendamenti al ddl penale, e i renziani hanno già detto molto chiaramente che, se Bonafede non aprirà il tavolo per rivoltare la prescrizione come un calzino, loro proporranno di bloccare la norma del 2019 attraverso l’emendamento Annibali. Sembra un rischio fatale, insomma, per la riforma, e Perantoni è lì, nel mezzo, fra la sua maggioranza, il Movimento di cui è «orgogliosamente» parte, e la sua funzione di garante. Esposta al rischio che fra Renzi e le opposizioni la riforma vada per aria, e magari pure la maggioranza di governo.

Visto l’altolà di Italia viva sulla prescrizione, è pessimista sul futuro del ddl penale?

No, sono ottimista per natura, e lo sono a partire da un principio molto chiaro, che è ispiratore dell’intero disegno di legge presentato dal ministro Bonafede: rendere più veloci i tempi dei processi in modo che neppure ci si trovi dinanzi al rischio che un reato si estingua. Quindi vorrei chiedere a Matteo Renzi e agli amici di Italia viva esattamente questo: la pensate anche voi così? Pensate anche voi che si debba dare priorità a uno snellimento della giustizia atteso anche dai partner europei? Volete processi veloci o volete che vadano in prescrizione? Se tifate per la prima opzione, allora bloccare la riforma, e tutto il progetto della maggioranza sulla giustizia, non ha senso.

Intanto il suo voto sull’emendamento Annibali rischia di essere decisivo.

Siamo 46 in commissione, certo, l’equilibrio dei numeri è abbastanza sottile. Sa, che il mio voto in commissione, durante l’esame degli emendamenti risulti decisivo è una cosa che non mi auguro. D’altra parte sono alla Camera per volontà degli elettori del Movimento 5 Stelle: non c’è motivo di pensare che non debba esprimere, anche col mio voto, le convinzioni per le quali mi sono candidato e sono stato scelto.

Ma se il suo voto sul lodo Annibali fosse decisivo, non sarebbe un grande auspicio per il cammino della riforma: al Senato Italia viva è determinante.

Mi permetto di essere ottimista anche qui, e ho diversi motivi. Innanzitutto io credo che gli equilibri nei prossimi mesi potrebbero cambiare.

Una pace con Renzi? O pensa che una parte dei senatori di Iv non lo seguirebbe?

Diciamo che ci sono diversi elementi tutti plausibili. Intanto al Senato siedono alcuni parlamentarti oggi non annoverati nella maggioranza ma comunque eletti con il Movimento 5 Stelle: immagino che su questioni importanti qual è la giustizia penale voterebbero in coerenza con il mandato ricevuto. In secondo luogo non mi sento di escludere un atteggiamento più coerente da parte della Lega.

La Lega? A cosa si riferisce?

Nel precedente governo la Lega condivise l’idea che si dovesse tentare di rendere più veloci i processi e che in un quadro del genere la riforma della prescrizione fosse più che sostenibile. Mi aspetto che si ricordino di questa loro posizione e votino in coerenza.

È accettabile indebolire le garanzie difensive per rendere più veloci i processi?

Non ci sono moltissimi strumenti disponibili su cui poter fare leva, per assicurare maggiore rapidità. Certo non si possono introdurre tout court tempi predeterminati per la definizione delle diverse fasi del processo, dunque la tempistica non può essere semplicemente scaricata sui magistrati, se non rispetto a casi di negligenza grave, cioè in circostanze davvero estreme. La via stretta ha finito per orientare alcune delle modifiche previste dal ddl penale verso soluzioni che impattano piuttosto sull’imputato e la difesa.

Come i tanti appelli che non verrebbero più decisi da un collegio o l’addio quasi totale alla rinnovazione del dibattimento in caso di sostituzione del giudice?

Ecco, le posso dire che la commissione ha prestato grande ascolto ai rilievi avanzati su questi aspetti durante le audizioni, innanzitutto dall’avvocatura. Come presidente della commissione mi sento di dire che nella fase emendativa è plausibile possa esserci modo di tenere in conto quei rilievi.

La norma che più forse può snellire riguarda i maggiori poteri del gup: Italia viva la critica. È per la poca fiducia nell’autonomia del gup dal pm?

Io capisco che qui si è dinanzi a un tema serio, ossia il peso che le ipotesi dell’accusa assumono anche nell’udienza preliminare per via della risonanza mediatica, per il contorno che sembra rafforzarle. Devo dire molto sinceramente che, per cultura personale, per la mia estrazione di avvocato e anche per le mie origini sarde, io sono molto legato a un’idea di sobrietà nella comunicazione. Credo serva misura, discrezione. Mi piacerebbe molto vedere maggiore rispetto della riservatezza delle indagini. Credo anche che quanto è conoscibile debba essere conosciuto, ma insomma sono convinto che il giudice dell’udienza preliminare abbia diritto di trovarsi meno accerchiato dalle aspettative esterne. L’autonomia del giudice è però sottovalutata, probabilmente.

In che senso?

Nella magistratura è in corso e sta per completarsi un cambio generazionale e culturale. Chi è entrato da non molti annoi è probabilmente più in sintonia con la cultura del codice dell’ 89, dunque se si tratta di un giudice è tendenzialmente più consapevole della distanza, aumentata, fra le funzioni sue e quelle del pm.

Quindi questa norma dell’udienza preliminare può essere la novità più utile a deflazionare il carico?

Sì, tra l’altro potrebbe anche contribuire a superare un aspetto che va comunque risolto: la tendenza della difesa a preferire il dibattimento all’udienza preliminare, nel senso che al gup spesso arrivano pochi elementi della difesa, rispetto all’accusa. Anche per questo va a dibattimento un numero di procedimenti superiore al dovuto, con tutto ciò che ne viene in termini di rallentamento.

A proposito di garanzie: questi anni in Parlamento hanno indotto un po’ il M5S a preservarle di più?

Credo che il nostro Movimento non abbia mai disconosciuto i diritti dell’imputato. Siamo convinti assertori dell’intangibilità dei diritti per tutti i cittadini, e certo chi è sotto processo non può essere escluso. C’è stata però una battaglia suscitata da un fenomeno a nostro giudizio disfunzionale: l’uso legittimo di alcune garanzie in vista di una impunità altrettanto legittimamente conseguita ma che mortificava l’aspettativa di giustizia. Vogliamo sciogliere questo nodo, ma non certo smantellare il diritto di difesa.