«Da circa dodici giorni siamo in una fase di crescita dei contagi che sembra essere di tipo esponenziale, come a febbraio- marzo e ottobre». A dirlo al Dubbio è Giovanni Sebastiani, matematico dell'Istituto per le Applicazioni del Calcolo del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr- Iac), che avverte: «le scuola non riaprano il 7 gennaio».

Professore ci aiuti ad interpretare i dati degli ultimi giorni. Il tasso di positività cambia continuamente e assistiamo ad un aumento della variabilità della curva.

Dall'analisi della percentuale dei positivi sui casi testati, dei posti in reparti ordinari, e di quelli in terapia intensiva, possiamo dire che da dieci, dodici giorni siamo usciti purtroppo dalla fase di stasi dei contagi di inizio dicembre e siamo in una di crescita che sembra essere di tipo esponenziale, come a febbraio- marzo e ottobre. Da metà dicembre ho visto i chiari segni di una ripresa dei contagi all'interno del contesto europeo. In tutti gli Stati dell'Europa Occidentale, fatta eccezione per il Belgio, il Lussemburgo, la penisola scandinava e l’Islanda, ma includendo Repubblica Ceca e Slovacchia, il contagio è tornato a salire. Ora bisogna attendere di capire quale effetto sulla curva in Italia avranno le restrizioni adottate durante le festività: cominceremo ad avere una stima dalla fine della prima settimana di gennaio. E spero che compensino i dati in aumento di cui le parlavo prima.

Dobbiamo rassegnarci a rimanere sempre tutti in una zona arancione/ rossa?

Il problema è che si è intervenuti troppo tardi: in base alle analisi che ho effettuato i contagi sono ripartiti da fine settembre. Il primo Dpcm serio è stato quello del 13 ottobre in cui si è previsto l'obbligo di mascherine anche all'aperto: dal mio punto di vista sarebbe dovuto essere introdotto già una settimana prima. Secondo alcune mie simulazioni, un lockdown ritardato di quindici giorni può portare al raddoppio del numero dei contagiati e dei morti. Bisogna agire quando i numeri sono ancora bassi, altrimenti poi si rischia, come è avvenuto, di perdere il controllo del tracciamento.

Anche a causa dell'app Immuni?

Certo, anche per quello, per una serie di ragioni. Non è stata sponsorizzata abbastanza dalle istituzioni, alcune Regioni non trasmettevano neanche i dati e i cittadini non ne hanno capito l'importanza. Mi chiedo però perché tutti i problemi che hanno sollevato con l'app Immuni non li abbiamo segnalati anche per il cashback.

Cosa andrebbe fatto?

Un confinamento programmato, ricorrente: appena l'incidenza dei positivi aumenta oltre una certa soglia si applicano misure dure per un periodo breve di sette- dieci giorni, in modo da dar respiro alla popolazione per i mesi successivi. Purtroppo però, per contenere le spinte sociali ed economiche, sia qui in Italia che nel resto d'Europa si è agito quando era proprio inevitabile.

Però questo ha destabilizzato molto il settore economico, pensiamo ai ristoratori a cui è stato prima detto che potevano rimanere aperti a Natale e poi poco dopo cambio drastico di rotta.

Certamente, questo è vero. Io non sono un politico, ma credo che andrebbero identificate delle condizioni di rischio standard: ad esempio, il bar è ritenuto fonte alta di contagio? E allora si decide di non aprirli mai; ovviamente il governo deve supplire bene e subito alla mancanza di introiti dell'attività.

Rispetto alle singole regioni il trend della curva è uguale dappertutto?

Negli ultimi 7- 10 giorni, un trend in discesa si registra solo per la provincia di Bolzano, mentre per tutte le altre regioni e la provincia di Trento osserviamo un trend di crescita o di stasi. Anche per quanto riguarda la curva dei ricoverati nei reparti di terapia intensiva, vediamo regioni dove la diminuzione è in frenata come in Liguria, Lazio e Sicilia, regioni già in stasi come Emilia Romagna, Marche, Calabria, Molise e provincia di Trento ed infine il Veneto con trend in aumento.

In base alle nuovi varianti cosa possiamo dedurre per quanto concerne l'andamento della curva?

È ancora presto per dirlo. Posso azzardare una ipotesi: la ripresa dei contagi a livello europeo solo nel blocco occidentale all'inizio di dicembre probabilmente è legata non solo all'attività pre- natalizia ma anche a queste varianti.

Si continua a discutere dell’interazione tra le scienze cosìddette “hard” e la biologia o la medicina. Non a caso il Covid ha messo a dura propria questa relazione. Lei crede nell'apporto interdisciplinare allo studio della pandemia?

Certamente sì dal mio punto di vista. Per esempio io collaboro con il virologo Giorgio Palù, neo presidente dell'Aifa: insieme abbiamo pubblicato tre articoli riguardanti il Covid da diverse angolature, tra cui uno riguardante un modello matematico che può aiutare il decisore politico ad individuare chi vaccinare. Ciò è stato possibile perché abbiamo fatto lo sforzo di condividere un linguaggio comune. L'interazione tra le varie discipline - in questo caso tra matematici, fisici, virologi ed epidemiologi - è molto importante. A differenza di una costruzione di una macchina in cui ognuno fa il suo pezzo e poi si assembla, nelle scienze applicate deve esistere una interazione reale. Io mi occupo in particolare di matematica e di statistica bayesiana. Ecco, l'Rt, di cui sentiamo parlare ogni giorno, ossia il numero di persone che possono essere contagiate in media da una sola persona, viene calcolato con un metodo bayesiano. In generale questo approccio è basato sull’informazione che ci arriva dagli specialisti delle discipline con cui interagiamo. Questo è una strategia vincente anche se molti nelle scienze applicate hanno la paura infondata di perdere il proprio ruolo.

Lei accennava a questo lavoro pubblicato sulla rivista Vaccines con il professor Palù, Ilaria Spassiani dell'Ingv e Lorenzo Gubian, della Uov Sistemi Informativi - Azienda Zero della Regione Veneto. Può dirci qualcosa di più?

L'obiettivo dello studio è fornire un metodo che permetta ai decisori pubblici di prendere in considerazione tutte le possibili conseguenze. Il metodo, che permette di considerare un ampio gruppo di variabili durante la vaccinazione di massa, come età, genere, tipologia del luogo di cura del paziente e comorbidità, è stato messo a punto lavorando sulla base dei dati del Veneto inerenti 19.000 pazienti Covid- 19 ma è comunque un metodo di lavoro applicabile a situazioni diverse. Si può decidere se dare il vaccino a chi ha un rischio maggiore di mortalità oppure a chi è più contagioso e come effettuarlo quantitativamente. Cosa anche più rilevante, è possibile modulare le due scelte a seconda delle condizioni epidemiologiche.

In base alle sue stime, è d'accordo con chi sostiene che l'immunità di comunità si possa raggiungere il prossimo autunno?

Penso che chi fa queste previsioni stia dando i numeri al Lotto: ci sono troppo fattori incogniti, tra cui l'efficacia dei vaccini per non trasmettere l’infezione.

Per gennaio e febbraio che scenario immagina?

Dipende dal fatto se apriranno o meno le scuole. Spero che desistano dal farle riaprire il 7 e aspettino di vedere prima l'andamento della curva nella seconda metà di gennaio. La riapertura della scuola a settembre ha già influito molto sulla ripresa dei contagi a ottobre. A gennaio avremo inoltre anche una maggior circolazione di questo virus e di quelli dell’influenza.