«Dopo quasi un anno rispondono all’interrogazione parlamentare sui braccialetti elettronici non chiarendo nulla, temo che questa sia roba da Corte dei Conti!», tuona così l’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini in merito al giallo sulla fornitura dei braccialetti. Lo stesso deputato di Italia Viva Roberto Giachetti, che ha presentato a marzo scorso l’interrogazione parlamentare su proposta radicale e dopo gli articoli de Il Dubbio, non è per nulla soddisfatto della risposta data. Roberto Giachetti non comprende a quale interrogazione abbia risposto il sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi, visto che le domande poste sono state chiare. Si conferma che i braccialetti elettronici sono pochi In effetti la risposta del ministero della Giustizia non fa altro che confermare la penuria dei braccialetti elettronici, tanto che il commissario straordinario Arcuri è dovuto ricorrere, soprattutto per attuare il decreto Cura Italia di marzo scorso, alla formalizzazione di un contratto con Fastweb per la fornitura di 1600 dispostivi. Lo dice, appunto, Ferraresi nella risposta. Sì, ma la domanda posta nell’interrogazione parlamentare è volta soprattutto su questo punto: come mai c’è stata la necessità di ricorrere alla fornitura di ulteriori braccialetti, quando in realtà c’è già un contratto milionario con Fastweb che prevede la fornitura di 1000- 1200 braccialetti elettronici mensili a partire dal 31 dicembre 2018? Non si spiega perché a marzo scorso, secondo la relazione tecnica del decreto Cura Italia, risultavano circa 2600 braccialetti disponibili fino al 15 maggio. Teoricamente, già a partire da quella data, dovrebbero essere disponibili almeno circa 15mila dispostivi. Il governo, nonostante le chiare domande poste dal deputato di Italia Viva Roberto Giachetti, non ha chiarito sul punto.Eppure c’è un aspetto singolare. Nel decreto Ristori si fa riferimento al contratto di Fastweb Nel dossier redatto a novembre dal Senato per illustrare il decreto Ristori, si fa proprio menzione del contratto triennale con Fastweb, sottolineando che la fornitura di braccialetti elettronici è partita a dicembre 2018 e che quindi garantisce la piena attuazione del decreto che prevede il braccialetto elettronico per chi ha un residuo di pena da scontare superiore ai sei mesi. Ma allora, ribadiamo, perché a marzo scorso risultavano solamente 2600 dispostivi, tanto che Domenico Arcuri è dovuto ricorrere ad una ulteriore fornitura? «Attualmente – si legge nel dossier di novembre scorso a cura del Senato -, sulla base dei dati comunicati dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza, il contratto in essere, di durata triennale, è in scadenza al 31 dicembre 2021 per un importo annuo di circa 7,7 mln di euro ed un onere complessivo di circa 23 mln di euro. Il citato contratto prevede fornitura e servizio di 1000 – 1200 braccialetti mese per l’intera durata contrattuale e, pertanto, con la facoltà per l’Amministrazione, nell’ambito della vigenza contrattuale, di installare circa 43.200 braccialetti, dispositivi che risultano sufficienti a garantire l’ordinario impiego degli stessi». E conclude: «Da rilevare comunque che sia l’entità del numero dei braccialetti disponibili sia la possibilità di riutilizzo di questi dispositivi - in quanto le procedure di controllo vengono disattivate per quei soggetti condannati che stanno eseguendo la pena detentiva presso il proprio domicilio e la cui pena residua da espiare scende sotto la soglia dei sei mesi - assicura la sostenibilità dell’intervento, garantendo la piena attuazione della disposizione in esame e confermando altresì il grado di adeguatezza delle dotazioni tecnologiche rispetto all’effettivo fabbisogno». Stanziati tanti milioni, ma i dispositivi disponibili sono pochi In pratica, a quest’ora dovremmo avere così tanti braccialetti che ne avanzerebbero pure. Mentre in realtà, come fa notare Giachetti, ci sono segnalazioni di persone che sono in carcere a causa della mancanza dei dispositivi. Nella riposta all’interrogazione si fa cenno solamente al numero di persone che hanno usufruito di tali dispostivi, ai sensi del decreto Ristori, alla data del 2 dicembre scorso: 50 sono i reclusi ammessi alla detenzione domiciliare con il braccialetto. Difficile quindi capire come stiano effettivamente le cose. A fronte del fatto che parliamo di tanti milioni di euro. Non solo i 23 milioni per il contratto di fornitura. A ciò si aggiunge uno stanziamento al ministero degli Interni per la messa in pratica dei dispositivi elettronici di 11.212.767 euro per l’anno 2020, 21.212.767 euro per l’anno 2021 e di 21.212.767 euro per l’anno 2022. Ma il governo non ha risposto nemmeno alla questione relativa al procedimento del collaudo, utile per dare il via definitivo alla fornitura. Dal sito della Polizia di Stato, risulta che la procedura è ancora aperta. Infatti si ferma alla data del 17/12/2018 quando viene pubblicato il decreto di approvazione del verbale di collaudo positivo relativo alla fase uno. Dal sito della Polizia di Stato non risulta il “Piano di collaudo della fase 2”, che rappresenta la base di tutte le attività di verifica di conformità della fornitura e sottoposto a valutazione e approvazione da parte dall’Amministrazione. Nessun chiarimento nemmeno su questo punto. Rimane in piedi ancora l’interpellanza urgente, sempre presentata dal deputato Roberto Giachetti, e chissà se finalmente si potrà fare chiarezza. L’attesa di una riposta, però, si allunga.