«La liberalizzazione delle droghe leggere certamente toglierebbe alla criminalità organizzata una fetta di mercato. Ma poi bisognerebbe valutare se ciò sarebbe sufficiente a ritenere utile la liberalizzazione o se altre potrebbero essere le conseguenze come la moltiplicazione di consumo, il coinvolgimento dei più giovani. Sono questioni che vanno affrontate guardando tutti gli aspetti in gioco» e «ora non sarebbe facile adottare determinazione su questo aspetto». A dirlo in Commissione Giustizia è il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, audito in merito alle ( contrapposte) proposte di legge a prima firma Riccardo Molinari ( Lega) e Riccardo Magi ( Radicali/+ Europa) sulla cannabis.

La prima prevede l’immediato arresto di chiunque coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito o consegna per qualunque scopo cannabis. La pena dovrebbe andare dai 3 ai 6 anni di carcere con una sanzione dai 5mila ai 20mila euro, senza prevedere pene alternative al carcere, come i lavori di pubblica utilità. Se invece la persona coltiva o detiene cannabis e il giudice non riscontra la “lieve entità”, la pena dovrebbe salire dai 6 ai 20 anni di carcere e dai 26mila ai 260mila euro. La seconda, invece, prevede la non punibilità di chi, “anche senza autorizzazione, coltiva un numero limitato di piante di cannabis, idonee e finalizzate alla produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope destinate a un uso esclusivamente personale”.

Le due proposte, afferma de Raho, affrontano in modo diverso «argomenti di rilievo che si inseriscono tuttavia in un impianto legislativo vetusto, vigente da 30 anni, modificato da molteplici e spesso contrastanti interventi legislativi e interpretativi di supreme corti, Cassazione e Consulta, che hanno sovente operato richiami al principio di offensività e proporzionalità delle pene sul narcotraffico». Per il procuratore nazionale sarebbe quindi auspicabile un intervento legislativo «mirato ad aggiornare in modo organico e sistematico l’intero complesso normativo sulle sostanze stupefacenti». Anche perché le proposte di Magi e Molinari «intervengono sulla parte terminale del narcotraffico non su quella organizzativa». La questione è però più complessa: come evidenziato dalla relazione annuale della Dna, si può parlare di un «sostanziale monopolio delle mafie nel traffico degli stupefacenti» che sia a livello nazionale che internazionale «costituisce la principale fonte di arricchimento delle organizzazioni di stampo mafioso, che dispongono di ingenti risorse finanziarie con le quali inquinano l’economia legale e alterano la concorrenza».

Si è detto d’accordo con de Raho il presidente della Commissione Giustizia, il grillino Mario Perantoni. «Sul tema delle droghe sono d’accordo con il Procuratore nazionale anti- mafia Federico Cafiero De Raho che oggi ( ieri, ndr) in audizione ha rimarcato la necessità di un intervento organico che riveda l’attuale impianto della 309/ 1990 in senso meno repressivo anche al fine di recuperare e concentrare le risorse nella lotta al narcotraffico alle organizzazioni criminali. Occorre superare, insomma, una concezione datata della lotta alle droghe e mirare ai grandi interessi economici. Ciò avrebbe anche effetti deflattivi sul sistema carcerario. Il Garante dei detenuti Mauro Palma, a questo proposito, ha ricordato, sempre nel corso delle audizioni su alcune proposte di legge in materia - che su 53.066 detenuti nelle carceri italiane il 29,7% è ristretto per reati alla produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope e più di tremila con pene inferiori a due anni».