I magistrati onorari proclamano lo «stato di agitazione permanente della categoria», riservandosi «ulteriori e conseguenti iniziative da assumere». E di fronte all’«assenza di tutela assistenziale» nella fase pandemica, riferisce la Consulta della magistratura onoraria, «per salvare se stessi e le proprie famiglie, magistrati onorari di più sedi giudiziarie, requirenti e giudicanti, hanno dovuto operare una disumana opzione tra diritti egualmente essenziali della persona, optando per la tutela della salute, alcuni iniziando oggi finanche lo sciopero della fame». Con il suo documento, indirizzato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al premier Giuseppe Conte, al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ai presidenti delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato e alla Commissione di garanzia sugli scioperi, la Consulta delle toghe onorarie sollecita quindi le Autorità affinché «esperiscano il tentativo di conciliazione e attivino ogni idonea procedura di raffreddamento al fine di affrontare e risolvere, in uno spirito di fattiva collaborazione, i gravi problemi» della categoria: se non ci saranno risposte, le toghe onorarie si dicono pronte a mettere in atto iniziative di «denuncia e sensibilizzazione» e «astensioni dalle udienze e da tutte le altre attività». Nella lettera si sottolinea che «non è più possibile negare la dignità di lavoratori a 5mila magistrati onorari, abdicando la buona politica in favore di anacronistiche prese di posizione, lontane anni luce da principi di efficienza e dal diritto dell’Unione europea». La «grave situazione, resa ancor più evidente dall’emergenza pandemica in corso - si legge nel documento - necessita di una rapida definizione, prima che il sistema tracolli. È necessario individuare una soluzione immediatamente percorribile ed efficace. L’unica strada è la decretazione d’urgenza, che mantenga in servizio i magistrati onorari e riconosca loro i diritti previdenziali, assistenziali e retributivi compatibili con le funzioni esercitate». La replica del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede «Il ministro Alfonso Bonafede è perfettamente consapevole del fondamentale contributo fornito dalla magistratura onoraria: anche per questa ragione, fin dal suo insediamento, il Guardasigilli si è adoperato per superare la carenza di tutele che ha fino ad oggi caratterizzato l’esercizio della funzione, così da dare vita a una riforma che restituisse la giusta dignità e rilevanza ai tanti professionisti che con impegno e abnegazione concorrono quotidianamente al funzionamento del sistema giustizia». È quanto si legge in una nota di via Arenula in relazione alla protesta avviata dalla magistratura onoraria, soprattutto nelle sedi di Palermo e Milano, dove da ieri è in atto l’astensione dalle cause. I circa 5mila magistrati onorari contestano le condizioni precarie di lavoro: pagati ad udienza, senza alcun contributo previdenziale, senza la possibilità di ammalarsi ma soprattutto senza nemmeno il miraggio di venire stabilizzati, come per altro imposto dalla corte di Giustizia Europea. «Non è più tollerabile» la situazione della magistratura onoraria ed è «insostenibile per la sempiterna precarietà, per l'inadeguatezza dei compensi e per la mancanzadi qualsiasi trattamento previdenziale e pensionistico», ha commentato il coordinamento di Area, che contesta le affermazioni del ministro Bonafede. Parole che «mirano ad alimentare l'idea di un insussistente conflitto e di contrapposizione di interessi corporativi tra le diverse professionalità impegnate nella giurisdizione». In un'interrogazione parlamentare, il ministro «avrebbe affermato che l'esistenza della magistratura onoraria “è legata alla finalità di contenere il numero dei togati, pena la perdita di prestigio e la riduzione della retribuzione della magistratura professionale”». Per le toghe progressiste, «lo stato attuale della magistratura onoraria, alla quale si deve tributare, finalmente, un concreto riconoscimento da parte del Governo, trae la sua origine dal progressivo accrescimento del contenzioso mai accompagnato dai necessari ampliamenti di organico della magistratura professionale» e, dunque, a «decenni di riforme della giustizia a “costo zero”».