Per il governo non c’è nessuna emergenza Covid in carcere, perché secondo l’ultimo report aggiornato del Dap risultano solo 24 detenuti con sintomi all’interno dei penitenziari e 22 ospedalizzati. Il resto dei detenuti positivi al Covid, ben 781, sarebbero tutti asintomatici. A parte che il parametro di valutazione per considerare il detenuto asintomatico lascia perplessi e più avanti la questione verrà illustrata attraverso testimonianze dirette, se dovessimo adottare lo stesso metodo statistico anche nel mondo libero, il nostro Paese dovrebbe aprire tutto perché l’emergenza non esisterebbe.Sì, perché soprattutto durante la prima ondata in Italia c’era stato chi minimizzava la portata spiegando che chi ha il virus, ma non mostra sintomi, non è malato, così che l’aumento del numero dei soggetti infettati non avrebbe dovuto preoccupare nessuno, perché si sarebbe tratto non di malati, ma quasi di “portatori sani” del virus. Sappiamo che purtroppo non è così. I numeri sono cominciati a crescere, gli ospedali al collasso e lockdown totale per evitare l’irreparabile. Ora siamo nella stessa identica situazione emergenziale. L'assenza di sintomi non implica necessariamente l’assenza di danni Come si evince da un interessante articolo de Il Foglio del 3 ottobre, a firma di Enrico Bucci, già a giugno Eric Topol, il fondatore e direttore dello Scripps Research Translational Institute in California, scriveva che “l’assenza dei sintomi di Covid-19 nelle persone infettate da Sars-CoV-2 non implica necessariamente l’assenza di danni. C’è bisogno di indagare maggiormente il significato dei cambiamenti subclinici visibili nei polmoni mediante Tac”. A cosa si riferiva Topol? Per esempio, allo studio condotto sulla nave da crociera Diamond Princess: su 76 soggetti in cui il virus non ha dato nessun sintomo apparente, il 54 per cento presentava comunque lesioni polmonari. O anche a uno studio sui bambini (11 mesi – 14 anni) condotto in Cina, in cui una porzione non trascurabile di soggetti dal decorso completamente asintomatico manifestava parimenti le classiche opacità polmonari e quindi le classiche lesioni legate all’infezione nei polmoni. Fra le tante possibili ricadute dannose, per fare un esempio concreto, vi è la possibilità di un accresciuto rischio di eventi infausti per quei soggetti con danno polmonare subclinico da Covid.Non solo. Quasi tutti i detenuti di Tolmezzo sono contagiati Oltre ad aver chiarito che anche un asintomatico è in realtà un malato, c’è anche l’ovvia considerazione che se il virus aumenta la sua circolazione, inevitabilmente aumentano anche i casi di ricovero in ospedale e in terapia intensiva. E nelle carceri si aggiunge un problema in più: mancano gli spazi per isolare tutti i detenuti positivi al Covid per via del sovraffollamento. E infatti al carcere di Tolmezzo, a causa del mancato isolamento di alcuni detenuti che hanno manifestato evidenti sintomi da Covid, la situazione è sfuggita di mano tanto da arrivare – secondo gli ultimi dati ufficiali del Dap - all’impressionante numero di 115 detenuti infetti. Ma addirittura, secondo fonti interne parrebbe che il contagio riguardi addirittura ben 165 reclusi. Quasi la totalità. Parliamo del focolaio più grande, perché il carcere ospita 206 reclusi su una capienza regolamentare di 149 posti. Ma per il governo è tutto sotto controllo. L’emergenza non c’è, d’altronde ci dicono che sempre al carcere di Tolmezzo, a parte un detenuto ospedalizzato, tutti gli altri sarebbero asintomatici. Ma il condizionale è d’obbligo, perché pare che nemmeno sia esattamente così. L’avvocata Sara Peresson che ha come assistiti alcuni detenuti di Tolmezzo positivi al Covid, è perplessa. A Il Dubbio dice chiaro e tondo: «Se i miei assistiti sono tutti asintomatici, allora dobbiamo prima accordarci sull'esatto significato del termine perché credo che tosse, sensazione di ossa rotte, febbre, mal di testa, naso che cola, siano proprio la manifestazione di sintomi veri e propri del Covid. Sono due le questioni: o il Dap usa un vocabolario tutto suo che non è quello in uso a tutti noi o siamo al solito tentativo maldestro di minimizzare una situazione sfuggita di mano». Le perplessità degli avvocati difensori sulla salute dei loro assistiti Forse, anche in questo caso, i dati non sono chiari. Visto che il ministero della Giustizia – a differenza dei bollettini quotidiani sul numero dei contagi e decessi riguardanti il mondo libero – ha deciso di suddividere i detenuti tra asintomatici e non, a questo punto l’analisi andrebbe fatta in modo più accurato. Come appunto fa l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) che compie tale suddivisione: gli asintomatici, i paucisintomatici (con sintomatologia scarsa o poco percettibile), i lievi e i severi/critici. Così forse potremmo avere la risposta sulla perplessità espressa da diversi avvocati che hanno assistiti considerati asintomatici, mentre però manifestano chiaramente dei sintomi. Nel frattempo la seconda ondata ha già provocato la morte di tre detenuti, la gestione sta sfuggendo di mano, un numero consistente di agenti penitenziari sono contagiati (ben 1019), mancano i posti per isolare i reclusi infetti e soprattutto quelli anziani e malati sono a rischio. Però, molto probabilmente, le carceri non sono considerate zone arancioni né rosse. Rimangono semplicemente dei buchi neri.