È un segnale non da poco. Il ministero della Giustizia invierà all’Antitrust i nomi di banche, assicurazioni e grandi aziende che sfruttano i professionisti. Una piccola svolta che va nella direzione auspicata dagli avvocati, innanzitutto dal Cnf. L’adozione della procedura è stata prevista da via Arenula in un contesto che non riguarda in modo diretto la professione forense: la riunione sull’equo compenso tenuta una settimana fa, in videoconferenza, con i vertici della Rete professioni tecniche, guidata dal presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri Armando Zambrano. Ma è un dettaglio. Innanzitutto perché il monitoraggio sulle vessazioni a danno di ingegneri, architetti e altre categorie è stato istituito a metà luglio dal ministro Alfonso Bonafede sulla scorta dell’intesa siglata proprio col Cnf nell’estate 2019. E poi perché sul meccanismo si comincia a ipotizzare anche un obbligo di legge. Ne ha parlato in un’intervista al Dubbio la deputata di Italia viva Silvia Fregolent, che coordina il tavolo Libere professioni della Leopolda: va introdotta una norma che «vincoli l’authority sulla concorrenza a sanzionare tutti quelli che violano l’equo compenso» e «insistono nello sfruttamento del lavoro intellettuale», dice la parlamentare renziana. Una proposta che andrebbe anche oltre i protocolli concordati fra via Arenula e professionisti. Ma già il fatto che, nel dibattito sui compensi, l’Antitrust cominci a essere evocato, è un notevole passo avanti.

Naturalmente una norma vincolante per l’authority cambierebbe tutto. E la Rete delle professioni tecniche non ha mancato di sollecitare in proposito il ministero della Giustizia. All’incontro on line di una settimana fa è intervenuto innanzitutto Pietro Gancitano, consigliere di Bonafede per i Rapporti con le libere professioni, che ha avuto un peso notevole nella prima intesa sull’equo compenso siglata dal guardasigilli e, per il Cnf, da Andrea Mascherin. Nella riunione dei giorni scorsi con la rete di Zambrano il ministro non è potuto intervenire, ma è stato rappresentato da una figura chiave di via Arenula come il capo del dipartimento Affari di giustizia Maria Casola. Si è disegnato lo schema per la raccolta delle segnalazioni, e il presidente degli ingegneri ha parlato di «grande attesa da parte degli iscritti a Ordini e collegi professionali aderenti alla Rpt nei confronti del monitoraggio sull’equo compenso: ora che c’è il superbonus 110%», ha spiegato Zambrano, «grandi aziende e general contractors stanno manifestando la tendenza al coinvolgimento dei professionisti dietro corresponsione di compensi non adeguati. Approfittano del meccanismo per trattenere cifre fino al 40% degli importi complessivi per attività non sempre effettivamente svolte». Siamo insomma al consueto trionfo dell’illegalità praticata dai supermanager, che magari fanno una carriera tanto più folgorante quanto più si dimostrano schiavisti. Perciò il presidente degli ingegneri e della Rpt ha chiesto che il ministro dia «un segnale forte». Anche sulle violazioni dell’equo compenso praticate dagli enti pubblici «e incoraggiate da sentenze come una recente del Tar lombardo secondo cui sarebbe legittimo che un Pa assegni incarichi a zero euro a un professionista se la consulenza garantisce un ritorno pubblicitario». Dopodiché, chiarito il meccanismo di raccolta delle denunce, riferisce la Rpt, «il ministero provvederà a segnalare le violazioni all’Autorità garante per la concorrenza, e a sollecitare i diretti interessati», cioè i committenti fuorilegge, «ad adeguarsi alla normativa». E, attenzione, la nota di Zambrano precisa: «Qualora lo ritenesse opportuno, il ministero può sollecitare opportune iniziative legislative». Vuol dire che l’ipotesi avanzata da Fregolent di vincolare l’Antitrust a multare chi se ne infischia della legge non è poi tanto lunare.

Ovvio però che le rivoluzioni stanno fresche, se confidano sulla solerzia del Parlamento. «Mettiamola così: sulle Camere arrivano pressioni notevoli da parte dei committenti forti», osserva il consigliere Cnf Stefano Bertollini, che coordina per l’istituzione forense la commissione sulla concorrenza. «L’abbiamo riunita poco più di un mese fa e siamo arrivati a una conclusione: il Cnf deve aprire un confronto proprio con l’Antitrust. Dobbiamo ottenere la disponibilità dell’authority a occuparsi con determinazione dell’equo compenso. Costringere il professionista, l’avvocato innanzitutto, ad accettare retribuzioni inadeguate è una condotta che espone i committenti forti proprio alla responsabilità di alterare la concorrenza. Ora serve un’intesa in grado di rendere davvero efficaci le segnalazioni del ministero all’authority». In attesa che il Parlamento sonnacchioso si svegli, l’impegno di via Arenula da una parte, Rpt e Cnf dall’altra è una luce nel buio. E non è escluso che le sofferenze patite dal lavoro autonomo a causa dalla pandemia diventino la scintilla in grado di accendere definitivamente i riflettori sull’equo compenso.