Fino alle ore 20 di ieri, sono continuati a non esistere i detenuti contagiati dal Covid a Opera al 41 bis, tra cui alcuni già malati gravi finiti in terapia intensiva. Ancora una volta, secondo il penultimo aggiornamento del Dap inviato ai sindacati penitenziari sui contagi, al carcere milanese risultavano zero detenuti positivi. Eppure, come ha potuto rivelare Il Dubbio, da almeno una settimana risultavano almeno sei i contagiati di Covid a Opera al 41 bis. Poi, finalmente, dopo una nota urgente da parte del sindacato del sindacato della polizia penitenziaria Uil pol pen, arriva il report aggiornato e i positivi Covid a Opera al 41 bis (e altri detenuti comuni) non sono più i “fantasmi di Opera”. Il dramma dei familiari degli ammalati Nel frattempo, però, continua il dramma dei familiari che continuano a non essere aggiornati sulle condizioni dei propri cari, le email degli avvocati per avere informazioni rimangono lettera morta. Come già riportato da Il Dubbio, c’è Katiuscia - moglie di Antonio Tomaselli, malato terminale in custodia cautelare al carcere duro e risultato positivo -, che da Catania ha dovuto compiere una traversata fino all’ospedale di Milano per avere notizie. C’è Rita Bernardini del Partito Radicale che, interessandosi del caso, ha scritto numerose volte al Dap e alla direzione del carcere per avvisare della situazione surreale che sta vivendo Katiuscia. Quest’ultima, dopo una dura lotta all’ingresso dell’ospedale San Paolo di Milano, è riuscita a farsi mettere in contatto con la direzione del carcere e le hanno detto che la salute del marito è compromessa. Secondo quanto ha riferito Katiuscia, le hanno promesso che sarebbe stata aggiornata quotidianamente. E invece nulla. È passata da allora una settimana e nessuno le dice nulla. Nessuna risposta alle mail inoltrate. «Ho inviato numerose email – racconta in lacrime Katiuscia -, sia io che l’avvocato, ma non rispondono. Io me lo sto piangendo per morto. E non so nemmeno se le mie lacrime siano giuste, perché magari mio marito si è ripreso. Non so se devo cominciare a pensare di preparare un funerale o meno. Non so più cosa fare, sto impazzendo». Ma non è l’unica a vivere in questo insostenibile limbo. Finalmente è arrivata una mail all'avvocato Di Fresco Ci sono gli altri familiari di altrettanti detenuti al 41 bis finiti in ospedale che non ottengono alcuna risposta. C’è l’avvocato Paolo Di Fresco che assiste Salvatore Genovese, 78enne al 41 bis fin dal 1999, cardiopatico, diabetico, già operato di tumore e con i polmoni devastati da innumerevoli polmoniti pregresse. L’unica cosa che ha potuto sapere è che stato ricoverato in ospedale, e dopo una sollecitazione ha saputo che è rimasto contagiato dal Covid. Da allora, per diversi giorni buio totale. «Né io né i familiari – spiega l’avvocato – siamo riusciti ad avere notizie sulle condizioni di salute di Genovese. L’Ospedale San Paolo non può dare informazioni e il direttore del carcere di Opera non risponde alle mail». Ma proprio ieri pomeriggio è arrivata la email dove hanno annunciato che ha un aggravamento e quindi portato in terapia intensiva. Il garante Palma: è un dovere avvisare i familiari Il garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma, contattato da Il Dubbio, ha ritenuto inaccettabile il fatto che i familiari non vengano informati. «Mi auguro che sia un disguido – spiega Palma -, perché è un dovere che i familiari vengano avvisati quotidianamente sulle condizioni dei propri cari. Non può esistere una situazione del genere, la direzione del carcere di Opera deve provvedere subito a informarli». Un limbo, com’è detto, che riguarda tutti i familiari, anche altri che vogliono però rimanere nell’anonimato, soprattutto perché hanno paura di essere stigmatizzati per avere padri, mariti, al 41 bis. «Io lavoro onestamente – ci dice la figlia di un detenuto contagiato ad Opera e finito in terapia intensiva -, non posso rischiare di essere additata come figlia di un mafioso, non posso perdere il lavoro che ho sudato per conquistarmelo». Ma questo è uno spaccato ulteriore di come le colpe dei padri non possono ricadere sui figli. Una storia tutta da raccontare. La nota urgente della Uil pol pen. Ritorniamo alla dimenticanza, perdurata per almeno due settimane, dei contagi ad Opera da parte del Dap. A chiedere una spiegazione, tramite nota urgente è stato Gennarino De Fazio, segretario generale della Uil pol pen. A proposito del report sui contagi che i sindacati ottengono tramite un protocollo sottoscritto con il Dap, il segretario del sindacato di polizia penitenziaria, scrive testualmente: «Si ha la netta sensazione che i dati forniti risultino incompleti e comunque tali, a volte, da suscitare più dubbi di quanti ne dipanino». Il sindacalista De Fazio va sul punto: «Si richiama la presunta positività al Covid a Opera di alcuni detenuti (da quattro a sei, in particolare del circuito di cui all’art. 41-bis) presso la Casa di Reclusione di Milano Opera e di cui danno conto molti organi d’informazione, sulla scorta, sembrerebbe, di notizie diffuse dai rispettivi avvocati difensori, e che da settimane non vengono indicati nei report trasmessi alle Organizzazioni Sindacali. Peraltro, tale probabile incongruenza è stata ripetutamente sollevata da chi scrive a margine di riunioni tenute anche con la S.V., ma è ancora priva di qualsivoglia risposta». Finalmente, com’è detto, il report completo è arrivato. Non sappiamo quanti di loro siano positivi Covid a Opera al 41 bis, ma risultano 4 detenuti positivi al Covid dentro il carcere, mentre otto sono finiti in ospedale. Pochi ne sanno e tranne Il Dubbio nessuno riporta questa notizia. In fondo, se ufficialmente non è stato riportato tale dato per molto tempo, vuol dire che i detenuti al carcere duro possono essere benissimo “tumulati” anche se in fin di vita. Motivo per cui il magistrato Luca Tescaroli, ignaro di quello che sta accadendo per colpa non sua, può scrivere sul Fatto Quotidiano che il 41 bis, al tempo della pandemia da Covid-19, «ha il pregio di tutelare la salute dei detenuti».