Minacciano lo stato d’agitazione e puntano il dito contro il ministro, non in grado, a loro dire, di tutelare la salute dei lavoratori della Giustizia. Al contrario degli ordini professionali che, invece, hanno messo in campo fondi e iniziative per monitorare i contagi. Il tutto mentre le attività di igienizzazione e l’organizzazione dello smart working vanno a rilento. La denuncia arriva dall’Associazione dipendenti giudiziari italiani, che piange anche la scomparsa per Covid- 19 di una collega in servizio al ministero. Un dolore che si mescola all’indignazione contro un modus operandi che definiscono inadeguato, superficiale, disattento. La diretta conseguenza è il senso di abbandono, comunicato a chiare lettere in una nota inviata ieri al Guardasigilli Alfonso Bonafede e al sottosegretario Vittorio Ferraresi.

SCARSA IGIENE E POCHI CONTROLLI

L’Adgi mette in fila le carenze, a partire da «una scarsa pulizia ed igienizzazione sia delle stanze che degli spazi comuni», con grossolane pulizie giornaliere e «non gli accurati interventi necessari ad evitare il diffondersi di contagio». Nemmeno il minimo sindacale, sottolineano, nonostante il ministro, nei giorni scorsi, abbia quantificato una spesa di 14,8 milioni di euro per la sanificazione dei luoghi, in aggiunta ai contratti già in essere, con l’autorizzazione all’acquisto di disinfettanti chimici e la possibilità di disporre pulizie straordinarie fino a 5mila euro in caso di necessità.

AVVOCATI UN PASSO AVANTI

In questo contesto, le attività messe in campo dagli avvocati rappresentano un ideale verso cui tendere. L’ultimo esempio è quello di Roma: nel cortile di Piazzale Clodio, infatti, è stata allestita una tensostruttura attiva da ieri e fino al 18 dicembre, dove verranno effettuati screening con tamponi rapidi a tutti gli avvocati. Un’iniziativa dell’Ordine degli avvocati che, dunque, lascia fuori personale giudiziario e magistratura. Positiva, ma per l’Adgi anche potenzialmente pericolosa, al punto da invitare Bonafede ad una «ponderata valutazione sull’opportunità di tale scelta logistica» : in un contesto che necessita ancora di un contingentamento degli ingressi. Una scelta, aggiungono rivolgendosi al ministro, che «dovrebbe mortificare tanto lei quanto noi: negli uffici giudiziari, che sono anche “casa nostra”, dobbiamo prendere atto che l’Ordine forense tiene alla salute dei suoi iscritti molto di più di quanto il ministero tenga a quella dei suoi dipendenti». L’iniziativa costa, in totale, 5 milioni di euro, per un progetto che, grazie a Cassa forense, si estende su tutto il territorio nazionale. «Viene naturalmente da domandarsi perché non si sia proceduto in maniera analoga anche per il personale giudiziario e per i magistrati», chiedono. Anche perché «loro ci hanno messo i soldi ed il ministero no, nonostante il progetto le fosso stato preliminarmente proposto». La richiesta al ministro è di agire subito per mettere in sicurezza i dipendenti. Anche perché in assenza di risposte la conseguenza sarà lo stato di agitazione dell'intera categoria.

I SINDACATI CHIEDONO PIÙ SMART WORKING

Cgil, Cisl e Uil, intanto, scrivono ai vertici degli uffici del ministero chiedendo un tavolo permanente di confronto sull’applicazione negli uffici della normativa di contrasto alla pandemia, compresa quella negoziale sullo smart working e denunciando un sostanziale lassismo da parte dei capi di molti uffici sul lavoro agile. Richiamando il dpcm del 3 novembre, i sindacati ricordano l’obbligo dei datori di lavoro pubblici di collocare in smart working - nelle regioni “rosse” - tutti i dipendenti ad eccezione di coloro che devono assicurare le attività indifferibili non delocalizzabili, assicurando in ogni caso le percentuali più elevate possibili di lavoro agile, con un occhio di riguardo nei confronti dei lavoratori fragili. Ma, sottolineano, «nella migliore delle ipotesi solo in taluni uffici c’è stata la concessione di un solo giorno di smart working - affermano -. Negli altri ancora nulla. Anche nelle regioni ad alto rischio di contagio i capi degli uffici sembrano ignorare la gravità della situazione». Senza considerare il fatto che i lavoratori degli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti risultano «immotivatamente esclusi dal lavoro agile per lucida scelta dell’amministrazione centrale» e, dunque, esposti al rischio. Stesso problema nell’amministrazione penitenziaria, in quella della giustizia minorile e di comunità. E «non sono rari i casi in cui lo Smart Working non è stato riconosciuto a nessuno, lavoratori fragili e pendolari compresi».

«COLPEVOLE INERZIA DEL MINISTRO»

Per i sindacati la colpa è proprio di Bonafede, «che parla con tutti tranne che con i propri dipendenti ed i loro rappresentanti». E qui arriva la frecciatina agli avvocati: il ministro, infatti, «sembra interessato più ad assecondare le istanze di categorie libero professionali che a coniugare l'efficienza del servizio da rendere all’utenza con la tutela della salute di tutti gli operatori del diritto». Le norme emergenziali ci sono, gli accordi pure, ma poi, concludono, nessuno vigila sul loro rispetto e nessuno punisce chi viola le regole.

IL DOG DETTA LE REGOLE

Intanto dal Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria arriva una circolare che spiega le regole di contenimento del virus negli uffici. Il dpcm del 3 novembre, ricorda il capo dipartimento Barbara Fabbrini, conferma le indicazioni sul lavoro agile, precisando che le pubbliche amministrazioni «assicurano le percentuali più elevate possibili». Tocca, dunque, dar corso immediato ai progetti di smart working - specie nelle zone rosse -, anche in via temporanea, dal momento che la mappatura dei servizi non è ancora terminata. L’indicazione è quella di accordare ai dipendenti «lo svolgimento in modalità agile del lavoro in misura anche superiore al 50% delle attività declinabili come “smartabili”», scrive Fabbrini. Garantendo il full time da remoto ai lavoratori fragili, anche attraverso l’attribuzione di una diversa mansione «ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento». Obbligatorio, inoltre, differenziare l'orario di ingresso e anche, di uscita del personale. Dalla prossima settimana, conclude, sarà disponibile l’accesso da remoto ai registri Sicid ( Sistema informatico contenzioso civile distrettuale), Siecic ( Sistema informatico esecuzioni civili individuali e concorsuali) e Sigp ( Sistema informatico giudice di pace), «mentre è in fase di sperimentazione avanzata l’accesso da remoto ai registri penali».