A fronte di un Parlamento in “isolamento fiduciario”, le certezze sono tre.

1. Il coprifuoco, questo nome sinistro che evoca guerra, silenzio e morte, è stato sdoganato; con buona pace della ridicola e inutile norma sulla chiusura-non chiusura di strade e piazze, già chiaramente superata senza essere stata mai applicata.

2. Sul coprifuoco il governo è diviso, così come era diviso sulle ispezioni di polizia nei domicili privati, ventilate qualche giorno fa. Intanto non mancano gli zelanti apripista che sono già partiti a livello regionale.

3. Sul coprifuoco (e più in generale sulla seconda ondata) non c’è alcun dibattito istituzionale. Ci sono solo i metodi della Prima repubblica: vertici di partito e polemiche sottotraccia tra leader.

Mesi fa, di fronte alle proteste per l’abuso dei Dpcm, il Parlamento ci mise una pezza (debole e sfilacciata, ma pur sempre una pezza). E così, adesso: il presidente del Consiglio dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) illustrare in anticipo al Parlamento le misure che intende adottare. E dovrebbe tener conto del dibattito parlamentare (articolo 2 del Dl. 19/2020).

Una norma praticamente mai applicata. Ovviamente. A questo punto anche i sassi sanno che nel prossimo Dpcm potrebbe esserci un coprifuoco generalizzato. Non è certo, ma è possibile.

In un Paese smarrito e sfiduciato, con un governo diviso, a fronte di tanti errori commessi, non è forse il caso, almeno una volta, di applicarla, questa norma?

Non è il caso che in Parlamento, davanti al Paese, maggioranza e opposizione, i famosi rappresentanti del popolo sovrano, si pronunzino su come affrontare questa nuova ondata, a cominciare dal coprifuoco e a finire con il probabile, ahinoi, disperato nuovo lockdown?

E invece, sdoganato il coprifuoco, temiamo che la sua prima vittima sia proprio il Parlamento.

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