Inauguriamo oggi una rubrica di due tra i più autorevoli protagonisti del dibattito pubblico nel nostro Paese: il consigliere della Corte dei Conti Natale D’Amico e il costituzionalista Giovanni Guzzetta. Si occuperanno insieme di scovare le astrusità del diritto (e del suo rovescio) al tempo del covid. Anche per rammentare a tutti che la civiltà giuridica è una cosa serissima, più di quanto l’approssimazione dei tempi ci abbia abituati a credere. Considerato che il mare dei paradossi è sconfinato, D’Amico e Guzzetta invitano i lettori del Dubbio a segnalare alla seguente mail tutti quelli ritenuti più “meritevoli”: abissivirali@gmail.com

Nell’epidemia da coronavirus la disponibilità di un posto ospedaliero in terapia intensiva fa la differenza tra la vita e la morte.

Oggi esistono molti posti liberi. Ma la situazione è già critica in alcune regioni; con i nuovi contagi che raddoppiano ogni sette giorni non è difficile prevedere che la cosa si aggraverà.

Nella conferenza stampa di presentazione del nuovo DPCM, il Presidente Conte ha affermato: “Abbiamo più che raddoppiato i posti in terapia intensiva e sub intensiva”. Almeno per le terapie intensive, il Commissario Arcuri gli dà torto. Al 9 ottobre scorso i posti in terapia intensiva sarebbero 6.458, con un incremento di appena un quarto rispetto al pre- Covid. A fronte di un obiettivo annunciato di 1,4 posti per ogni 10.000 abitanti, saremmo appena a poco più di 1.

Se il Presidente Conte si è sbagliato lo ammetta e chieda venia.

Resta però il fatto: il Governo ha fallito rispetto a un obiettivo che esso stesso si era dato, decisivo per evitare che nella seconda ondata della pandemia ritorni il tasso di letalità clamoroso registrato nella prima. Né può scaricarsi da queste responsabilità esponendo al pubblico ludibrio le Regioni, considerati i poteri di cui dispone, dal potere sostitutivo, al commissariamento, fino allo scioglimento.

abissivirali@gmail.com