«Non è come in primavera». No, infatti. Giuseppe Conte dice la verità. Il dpcm sul covid firmato ieri sera ha un’altra filosofia. Controlli selettivi, non chiusure. L’esempio della ristorazione: le aperture degli esercizi – tutti, bar e gelaterie compresi – restano consentite dalle 5 fino alle 24, ma dalle 18 in poi saranno possibili solo consumazioni al tavolo, oppure le consegne a domicilio, non quelle da asporto. Non c’è la temuta chiusura per palestre e piscine, ma «daremo una settimana per adeguare i protocolli e verificarne il rispetto», poi se non emergerà una sufficiente adesione alle regole «saremo costretti a sospenderle».

Meno divieti, ancora un po' di paternalismo

È uno spirito diverso, sempre un po’ viziato dal paternalismo invasivo dei suggerimenti tradotti in formali raccomandazioni. Però nella diretta a reti unificate Conte assicura la volontà di «scongiurare un nuovo lockdown: no a una nuova battuta d’arresto», anche se «il provvedimento dovrà consentirci di affrontare la nuova ondata. Non possiamo perdere tempo». Meno divieti, ma ancora intrusioni un po’ surreali nel privato, seppure con la forma dell’invito ai comportamenti più consoni. Ad esempio: «Facciamo attenzione nelle situazioni in cui abbassiamo la guardia, con parenti ed amici», è lì, dice il presidente del Consiglio, che «occorre massima precauzione». Ma oltre a prevedere un incremento dello «smart working» con «un provvedimento del ministro Dadone», non ci sono impedimenti assoluti per le attività produttive propriamente dette. Almeno per ora.

«Professionisti, lavoro agile pure per voi»

Anche se qualcosa cambia persino per le «attività professionali», mai colpite da chiusure vere e proprie neppure nel tragico culmine epidemico di primavera. Nel dpcm firmato ieri sera dopo il confronto con Comuni e Regioni e il vertice coi ministri più coinvolti, si legge infatti: «In ordine alle attività professionali si raccomanda siano attuate anche mediante modalità di lavoro agile, ove possano essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza». È una raccomandazione, non un obbligo, che però avrà un suo peso. Ad esempio, nel rapporto con i clienti, anche per gli avvocati: praticarlo in presenza comincerà a diventare imbarazzante persino qualora lo si ritenesse tecnicamente necessario. E forse persino più pesanti sono la raccomandazione rivolta a incentivare anche «ferie e congedi retribuiti per i dipendenti, nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva», quella ad assumere «protocolli di sicurezza anti-contagio» e, «laddove non fosse possibile», quella a «rispettare la distanza interpersonale di almeno un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale». Fino all’invito a incentivare «le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali». In pratica, eventuali riduzioni periodiche e forzate dell’orario di lavoro necessarie ad assicurare che i locali dell’attività, anche professionale, siano costantemente sanificati potrà essere considerata ai fini della Cigs.

Nella Pa riunioni solo a distanza

E non sono gli unici aspetti rilevanti per i professionisti e in particolare per gli avvocati. Lo è, naturalmente, anche il ricordato impegno a incrementare lo smart working nella pubblica amministrazione. È di pochi giorni fa l’allarme del presidente del Tribunale di Bologna: «Con lo smart working al 50 per cento chiudiamo tutto». Figurarsi d’ora in poi con l’invito a estenderlo pure oltre. È direttamente Conte ad annunciare in conferenza stampa che, «nell’ambito della pubblica amministrazione», è previsto «che tutte le riunioni si svolgano con modalità a distanza». L’idea finirà per riverberarsi, ad esempio, sull’organizzazione e le presenze negli uffici, compresi quelli giudiziari.

Alla fine le scuole restano aperte (con più “Did” alle superiori)

Ma a fronte di qualche rigidità, e delle difficoltà che incontrerà il lavoro in presenza, resta il segnale sulle attività scolastiche: «Continueranno in presenza, sono un asset fondamentale del Paese». Però il presidente del Consiglio avverte che «per i licei» si prevedono «modalità ancora più flessibili, con ingressi alle 9 e possibilità di lezioni anche nel pomeriggio». Più precisamente, il testo del decreto presidenziale recita: «Previa comunicazione al ministero dell’Istruzione, da parte delle autorità regionali, locali o sanitarie, delle situazioni critiche e di particolare rischio riferito ai specifici contesti territoriali, le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado adottano forme flessibili nell’organizzazione dell’attività didattica, incrementando il ricorso alla didattica digitale integrata, che rimane complementare alla didattica in presenza». Nel caso delle scuole fino alla secondaria di primo grado, vale a dire la scuola media, si dovrà modulare «ulteriormente la gestione degli orari di ingresso e di uscita degli alunni, anche attraverso l'eventuale utilizzo di turni pomeridiani e disponendo che l’ingresso non avvenga in ogni caso prima delle 9».

I sindaci potranno chiudere gli epicentri della movida

Da un punto di vista mediatico, uno dei passaggi destinati a suscitare i maggiori contrasti riguarda il nuovo potere attribuito ai sindaci di chiudere al pubblico le aree della movida. La norma del dpcm recita: «I sindaci dispongono la chiusura al pubblico, dopo le ore 21, di vie o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento, fatta salva la possibilità di accesso e deflusso agli esercizi commerciali legittimamente aperti e alle abitazioni private».

Un cartello dovrà indicare la capienza massima del ristorante

Sulla ristorazione va ricordato anche il limite delle «sei persone per tavolo» e l’obbligo, per gli esercenti, di «esporre all'ingresso del locale un cartello che riporti il numero massimo di persone ammesse contemporaneamente nel locale medesimo, sulla base dei protocolli e delle linee guida vigenti». Si precisa che «restano comunque aperti gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande siti nelle aree di servizio e rifornimento carburante situati lungo le autostrade, negli ospedali e negli aeroporti, con obbligo di assicurare in ogni caso il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro».

Addio convegni, salvi i congressi nazionali

Oltre a «sacre e fiere di comunità», espressamente «vietate», sono «sospese tutte le attività convegnistiche o congressuali, ad eccezione di quelle che si svolgono con modalità a distanza». C’è però la deroga per le «manifestazioni fieristiche di carattere nazionale e internazionale ed i congressi, previa adozione di protocolli validati dal Comitato tecnico-scientifico»