Il Pil italiano calerà del 10 per cento nel 2020, con un recupero solo parziale nel 2021. Sono queste le stime del rapporto di previsione del Centro studi di Confindustria. Uno scenario che non include per il 2021 la prossima manovra di bilancio e le risorse europee previste dal Recovery fund. La crisi da Covid-19, per Confindustria, porta il Paese indietro di 23 anni. Una vera e propria «tempesta perfetta», si legge nel rapporto di previsione, causata in marzo-aprile da un doppio shock di domanda e offerta che ha prodotto effetti dirompenti sull’economia italiana. L’aumento dei contagi è fonte di incertezza e spiega la debolezza attesa per l’economia nel quarto trimestre. «Nelle ultime settimane si è assistito a un peggioramento della crisi sanitaria, con un preoccupante aumento del numero dei contagi, soprattutto in alcune grandi economie europee», si legge nel report. «Benchè la situazione in Italia sia ancora sotto controllo, la crescente incertezza su tempi e modi di uscita dall’emergenza sanitaria allontana la ripresa, anche nell’industria, perché frena consumi e investimenti, mentre le esportazioni nei prossimi mesi rischiano di subire pesanti contraccolpi dalle chiusure che sono preannunciate negli altri paesi». Per questo motivo, il recupero del Pil dovrebbe riprendere in modo graduale da inizio 2021 e nella misura del 4,8 per cento. A condizione però che la diffusione del Covid-19 sia contenuta in modo efficace. Nel quarto trimestre del prossimo anno il livello del reddito sarà ancora inferiore di oltre il 3 per cento rispetto a fine 2019 e molto lontano dai massimi di inizio 2008, di circa 8 punti percentuali. Ma il calo del Pil porta con sé conseguenze devastanti per l'occupazione, che calerà dell’1,8 per cento, spariranno 410 mila posti di lavoro solo quest’anno. Nel 2021 con un incompleto recupero del Pil la risalita della domanda risulterà tuttavia insufficiente e il numero degli occupati sarà comunque in calo dell’1 per cento (-230 mila persone). Nei primi due trimestri del 2020 il monte ore annuo lavorate è calato del 15,1 per cento. Ciò è dovuto soprattutto al calo di ore pro-capite (-13,5 per cento) mentre le persone occupate sono scese dell’1,5 per cento, un dato contenuto in primo luogo per il massiccio ricorso alla cassa integrazione che il governo ha reso disponibile in deroga. Previsto anche un crollo delle esportazioni italiane di beni e servizi pari al 14,3 per cento nel 2020, con un rimbalzo dell’11,3 per cento nel 2021. A inizio estate si sono registrati forti segnali di ripartenza degli scambi, prosegue il rapporto, ma le prospettive restano debili e incerte. L’export di beni è sceso (-10 per cento) e recupererà completamente nel 2021. Quello dei servizi invece calerà del 31,9 per cento per poi registrare una risalita incompleta.