Per ora sono cinque i casi di Covid 19 nel carcere di Rebibbia, in particolar modo nel reparto femminile tra detenute, agenti e una infermiera. Ma forse si poteva evitare se il personale, anche medico, avesse utilizzato i dispositivi di protezione? Non solo. Il problema rischia di esplodere se il contagio dovesse allargarsi al reparto sanitario di Rebibbia dove ci sono decine e decine di detenuti anziani e con gravissime patologie. La denuncia della garante del comune di Roma, Gabriella Stramaccioni A denunciarlo è Gabriella Stramaccioni, garante locale delle persone private della libertà del comune di Roma. Lei che quotidianamente visita il carcere di Rebibbia, spiega a Il Dubbio: «Dopo il focolaio ora sembra che sia ripresa l’attenzione, ma ho visto ogni giorno troppe persone entrare in carcere senza adottare le necessarie precauzioni. Il virus viene portato dall'esterno, non certo da coloro che sono reclusi da tempo». La problematica che la garante ha evidenziato è dovuta non solo dalla sua osservazione personale, ma anche dalle numerose lettere ricevuta dai detenuti che denunciano il problema del personale sanitario senza mascherine. Per questo la garante sottolinea che «è necessario ed urgente attenersi scrupolosamente alle disposizioni che prevedono obbligo della mascherina».L’emergenza Covid 19 non è finita, il rischio che possano riesplodere nuovi focolai nelle carceri è ancora alle porte. La garante lancia l'allarme: ci sono molti detenuti anziani con gravi patologie La garante Stramaccioni lancia un appello alla magistratura di sorveglianza affinché «verifichi di nuovo, come è stato fatto durante il lockdown, tutti i casi di incompatibilità con il regime detentivo da parte di coloro che soffrono di particolari patologie». E si parla di tante persone. «Sono almeno 65 i detenuti anziani che presentano gravi patologie – spiega la dottoressa Stramaccioni a Il Dubbio -, molti di loro sono con le sedie a rotelle e respirano con le bombole di ossigeno». La garante locale di Roma rappresenta un quadro devastante, con il reparto sanitario che è un vero e proprio lazzaretto, così come non mancano situazioni di persone problematiche e con gravi patologie le quali la società non riesce a farsene carico. «Il carcere è diventato una discarica sociale, persone abbandonate – anche per motivi del tutto legittimi – dai propri familiari e che però non trovano altre soluzioni. Alcuni di loro, autosufficienti, potrebbero andare nelle case famiglia che a Roma non mancano, ma tanti altri anziani - non autosufficienti - dovrebbero andare nelle Rsa che però non hanno posti per poterli ospitare», denuncia sempre la garante. Stramaccioni: «Misure alternative come ai tempi del lockdown» Parliamo di tutte persone problematiche che a prescindere dal Covid 19 dovrebbero essere aiutate e non lasciate in carcere. Ma ora, a maggior ragione, visto che il virus si diffonde soprattutto nei luoghi chiusi e sovraffollati, la questione diventa di primaria importanza. «Bisogna nuovamente riattivarsi come ai tempi del lockdown – osserva Stramaccioni -, riaprire le pratiche per concedere le misure alternative come la detenzione domiciliare per motivi di salute. I magistrati devono rispondere alle diverse istanze che giungono, ad esempio ci sono diversi detenuti che potrebbero uscire grazie alla liberazione anticipata». La garante denuncia che da quando, a giugno, è stata decretata la fine dell’emergenza nelle carceri, tutto si è fermato e nessun detenuto esce più nonostante abbia i requisiti come appunto il discorso dell’incompatibilità con il regime penitenziario per motivi di salute, oppure gli mancano meno di 18 mesi di fine pena. «Altro motivo per cui i magistrati di sorveglianza non rispondono alle varie istanze di scarcerazione – aggiunge sempre la dottoressa Stramaccioni – è il blocco totale della cancelleria, tant’è vero che i magistrati nemmeno le ricevono». Problemi su problemi, con il Covid 19 che è un’aggravante. Sistema sanitario a Rebibbia che non funziona come dovrebbe, troppi detenuti anziani e malati parcheggiati in carcere, così come non mancano situazioni psichiatriche dove gli agenti penitenziari certamente non possono far fronte. Prima che si verifichi l’irreparabile, la magistratura e il Dap, in sinergia con gli enti locali comprese le Asl, dovrebbero attivarsi.