Silenzio tombale sull’ennesimo presunto pestaggio rivelato da Il Dubbio che sarebbe avvenuto al carcere Mammagialla di Viterbo. Un silenzio da parte delle autorità che espone il detenuto – ancora recluso lì – ad eventuali ripercussioni. La compagna, Alessia, raggiunta ieri da Il Dubbio, è preoccupata. Nonostante l’esposto, il detenuto ancora non è stato sentito dalla procura. Lui stesso denuncia di ricevere minacce verbali e ha paura di rifinire nella cella d’isolamento. Vale la pena ricordare cosa è accaduto. Parliamo di Valerio Mazzarella, 41 anni, che è stato trasferito a Mammagialla da Rebibbia lo scorso 2 marzo. «I primi episodi mi vengono comunicati a partire dal 25 marzo – si legge nell’esposto che Alessia ha presentato ai carabinieri– quel giorno, poco prima del cambio di guardia, quattro agenti prelevavano Mazzarella Valerio dalla propria cella per portarlo in una stanza dove iniziavano a picchiarlo». Il racconto durante le videochiamate Il tutto, sarebbe avvenuto – secondo quanto ha riferito alla compagna tramite videochiamata e lettere – senza alcun reale motivo se non le legittime richieste riguardanti la vita penitenziaria che il detenuto avrebbe rivolto agli agenti.«Richieste – continua il racconto di Alessia nell’esposto– peraltro, puntualmente disattese. In quella occasione, due agenti lo tenevano e due lo picchiavano lasciando segni evidenti sulla testa, in particolare, un taglio profondo ad oggi tramutatosi in evidente cicatrice. Pur essendo stato medicato è da verificare se sia stato refertato e se ciò risulti nella cartella clinica». Alessia sarebbe venuta a conoscenza dei fatti denunciati sia tramite la corrispondenza intrattenuta col compagno, sia tramite le conversazioni Skype autorizzate durante le quali ha potuto vedere i postumi del pestaggio. Non sarebbe stato l’unico. «Il 12 agosto 2020 – si legge sempre nell’esposto – lo hanno messo in isolamento in una cella vicina all’infermeria, una stanza piccola e sporca, maleodorante con escrementi sulle mura». Lì gli avrebbero consentito di fare solo mezz’ora d’aria al giorno.Il 13 agosto il detenuto avrebbe ricevuto l’ennesima irruzione notturna, da parte dei soliti 3-4 agenti. «Lo hanno colpito alla testa per cui, ad oggi, sono quattro le cicatrici evidenti», si legge sempre nell’esposto. «Lui chiede – continua il racconto verbalizzato dai carabinieri – di poter parlare con gli psicologi e di essere sottoposto a visita medica, ma gli viene negato. Mi fa sapere di sentirsi sepolto vivo e che ogni giorno gli fanno rapporti disciplinari per fatti non accaduti per provocare la sua reazione». La compagna Alessia ha chiesto aiuto Alessia riferisce al Dubbio che il suo compagno avrebbe cercato di denunciare tutto ciò ma non sarebbe stato preso in considerazione. Anzi, i pestaggi si sarebbero infittiti. «Violenze sempre più raccapriccianti come quando gli hanno ustionato le mani con piccoli pezzi di plastica incandescente. Il giorno dopo sono comparse sulle sue mani vesciche – racconta la donna – che io ho potuto vedere personalmente il 22 agosto tramite colloquio visivo via Skype».Il detenuto ha chiesto ad Alessia, nelle loro rapide chiamate telefoniche, di denunciare questi fatti e di esporre che «oltre alla violenza fisica c’è anche quella psicologica perché gli agenti lo istigano per indurlo a reagire magari compiendo gesti irreparabili come già accaduto con un altro detenuto il quale si è tolto la vita». Da ricordare che, quando ha saputo dal compagno che sarebbe stato pestato dagli agenti a più riprese, Alessia si è messa subito in moto e tramite una ricerca su internet ha contattato l’attivista dei diritti umani Pietro Ioia, ex detenuto e ora garante dei detenuti del comune di Napoli. Si è attivato subito e le ha consigliato di mettersi in contatto con l’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini, la quale già nel passato si è mossa per un caso analogo accaduto proprio nell’oramai famigerato penitenziario di Viterbo, conosciuto non a caso per essere un “carcere punitivo”. Un istituto penitenziario finito al centro della cronaca per casi di strani sucidi e diversi presunti pestaggi di recente attenzionati dall’autorità giudiziaria. Però, nonostante la denuncia, il detenuto ancora non è stato sentito dall’autorità. Nessuna interrogazione parlamentare. Ma soprattutto nessuna risposta da parte del Dap che dovrebbe attivarsi, anche con una indagine interna e magari tutelare il detenuto che è ancora lì, in una condizione di oggettiva vulnerabilità.