"Siamo nella fase di circolazione endemica del virus, in cui l'aumento dei focolai determina la progressiva crescita dei nuovi casi settimanali. Da 8 settimane consecutive i numeri confermano la crescita costante della curva epidemica e l'incremento dei casi 'attualmente positivi'. Dai 1.408 nuovi casi della settimana 15-21 luglio siamo passati ai 10.907 di quella 16-22 settembre, con il progressivo aumento dei casi attualmente positivi che da fine luglio sono quasi quadruplicati, da 12.482 a 47.718 il 25 settembre. Questo si riflette gradualmente sui pazienti ricoverati con sintomi (da 732 a 2.737) e in terapia intensiva (da 4o a 244)". In una intervista a La Verità il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta delinea i dati dai quali emerge che "la seconda ondata di fatto é già in atto" ma non sarà come a marzo, "non potrà esserci alcun effetto sorpresa per la sanità e per la società civile, allora totalmente impreparate di fronte al violento tsunami, di cui non abbiamo mai conosciuto i prodromi. Oggi la sorveglianza epidemiologica monitora continuamente la risalita della curva, i posti letto ospedalieri e di terapia intensiva sono stati potenziati, le strutture sanitarie dispongono di percorsi Covid e abbiamo ampia disponibilità di mascherine e dispositivi di protezione individuale". L'aumento dei positivi è dovuto al maggior numero di tamponi effettuati o ci sono anche altre ragioni? "Da un lato consegue a un generale incremento dei casi testati, dall'altro all'aumento del rapporto tra positivi e casi testati: dallo 0,8% della settimana 15-21 luglio siamo passati al 2,8% di quella 16-22 settembre. Ovvero, cerchiamo di più il virus, ma la sua circolazione è aumentata". I contagi, precisa, avvengono "per oltre il 75% in ambito familiare", "i giovani asintomatici in ambito familiare contagiano persone anziane e fragili".

Le regioni più a rischio Coronavirus

"Il trend in costante aumento - continua il presidente della Fondazione Gimbe - impone di mantenere la guardia molto alta, soprattutto in alcune Regioni. In particolare al 25 settembre, i tassi di ospedalizzazione per 100.000 abitanti superiori alla media nazionale (4,9) sono in Liguria (10,4), Lazio (10,2), Sardegna (8), Campania (7), Puglia (5,4) e Sicilia (5)". "Con il via libera alla movida e alla riapertura delle discoteche abbiamo dato una notevole mano al coronavirus. Inevitabilmente l'apertura della mobilità interregionale ha contribuito a una diffusione del virus che nelle regioni del Sud, grazie al lockdown, aveva circolato pochissimo. Infatti, meno dell'1% della popolazione aveva sviluppato anticorpi". E' cambiato il virus in questi mesi? "Assolutamente no: semplicemente oggi esploriamo la parte sommersa dell'iceberg, mentre in primavera, in assenza di attività di screening per scovare gli asintomatici, potevamo intravederne solo la punta, ovvero i soggetti più gravi e ospedalizzati. Il virus è sempre lo stesso, stiamo solo vivendo una fase diversa dell'epidemia perché dal 3 giugno, con ripresa della mobilità interregionale e riapertura dei confini, siamo di fatto 'ripartiti dal via', come al gioco dell'oca". Dovremmo aumentare il numero di tamponi come chiede il professor Andrea Crisanti? "Assolutamente sì. Il potenziamento del sistema di 'testing e tracing' è una strategia indispensabile per contenere la seconda ondata ed evitare il sovraccarico dei servizi sanitari, prima territoriali e poi ospedalieri". Perché in rapporto ai Paesi confinanti l'Italia registra meno casi? "Perché in Italia, rispetto ad altri Paesi europei, abbiamo attuato un lockdown tempestivo, rigoroso e prolungato, oltre a riaperture più graduali. Questo ci ha conferito un grande vantaggio e ha facilitato il tracciamento dopo le riaperture, visto il numero limitato di nuovi casi e lo svuotamento degli ospedali. Sui comportamenti individuali, narrative a parte, non ci sono evidenze scientifiche".