Un momento memorabile di questi giorni di tensione sulla riapertura della scuola si è vissuto a metà pomeriggio, quando nel caldo del cortile interno di Palazzo Chigi, a precisa domanda sulla fiducia che il presidente del Consiglio ripone nel mandare suo figlio a scuola, Conte ha risposto entusiasta. “Non solo sono fiducioso nel mandarlo di nuovo a scuola, ma lo accompagnerò io stesso cercando di trasmettergli l’importanza di questa ripartenza e, in generale, dello studio”. Tutto molto bello, parole condivisibili e, perché no, un pizzico emozionanti. Se non fosse che, quando Conte lunedì accompagnerà suo figlio a scuola, troverà i cancelli aperti solo perché la dirigente scolastica della sua scuola si sta districando tra le mille difficoltà della riapertura. Tanto da mandare una comunicazione a tutti i genitori, quindi immaginiamo anche a Conte, poi pubblicata sul sito dell’istituto di Roma centro, in cui la dirigente scolastica si lamenta della mancanza di banchi, collaboratori scolastici e insegnanti. “Ho atteso fino ad oggi fiduciosa di potervi dare delle informazioni che corrispondessero alle attese di noi tutti - scrive la preside - purtroppo non è così perché nonostante il lavoro e l'impegno di quanti ci hanno supportato, aiutato e consigliato, lo scenario che si prospetta non risponde assolutamente a quello che avremmo desiderato e per il cui ottenimento tante persone hanno rinunciato al riposo, alle ferie, ai giusti e doverosi impegni familiari”. La scuola ha predisposto orari di ingresso scaglionati e spiega di star facendo “tutto il possibile” per assicurare l’ingresso a scuola in sicurezza ma che non può dare “garanzie di pieno funzionamento”. Non sappiamo se Conte, mentre rispondeva alla domanda, abbia sbirciato il suo smartphone. L’avesse fatto, avrebbe capito che, premesso l’impegno profuso nel combattere l’epidemia di Sars-Cov-2, sulla scuola ci sono ancora tante cose da fare. E poco tempo per farle.