Per conoscere e combattere il virus bisogna averlo guardato da vicino: nei reparti degli ospedali, visitando i malati. Ci tiene a metterlo in chiaro il professor Matteo Bassetti, direttore della clinica malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova. «Questo è un paese di catastrofisti - spiega - ma i numeri parlano chiaro: l’emergenza ospedaliera è finita» .

Professore, nelle ultime settimane c’è stato un incremento significativo dei contagi. Qual è la sua lettura dei dati?

Se guardiamo al rapporto tra numero di tamponi eseguiti e il totale di nuovi positivi, la percentuale rilevata negli ultimi 30 giorni varia tra lo 0.9 e il 2 per cento: un dato non allarmante. Se la percentuale salisse intorno al 4- 5 per cento, probabilmente bisognerebbe preoccuparsi. Il che non vuol dire richiudere tutto, ma alzare il livello di guardia. Bisogna considerare, inoltre, che sul numero di casi tracciati, oltre 32mila in un mese, influisce la regola del doppio tampone negativo.

Cioè?

Siamo rimasti praticamente l'unico paese in cui è viene applicata: per ogni tampone positivo, anche se si tratta di un asintomatico, è obbligatorio ripetere il test prima di reinserire il soggetto nella comunità. È una disposizione ministeriale, messa in discussione da molti. Tra cui l'Oms e il Center for Disease Control di Atlanta (Cdc), l'ente più prestigioso al mondo per il controllo delle malattire infettive. Il Cdc raccomanda di non fare il tampone agli asintomatici e ai contatti stretti dei casi tracciati. Per gli asintomatici, inoltre, in caso di esito positivo al tampone, l’ente suggerisce di terminare l'isolamento domiciliare dopo 10 giorni dal test, senza ripeterne un altro.

Che autunno ci aspetta?

Non credo che avremo una fase molto diversa da questa, sperando che le persone continuino a rispettare tutte le indicazioni per limitare il contagio. Dovremo gestire più che altro la psicosi, visto che i sintomi dell'influenza stagionale sono identici a quelli del Covid. Dobbiamo informare la popolazione, spiegando che oggi il Covid non è più lo stesso di marzo- aprile: è più gestibile. Dobbiamo tornare a curare le malattie infettive a casa, per non intasare gli ospedali.

Ma il virus è davvero mutato? Sul punto non tutti gli esperti concordano.

Che l’infezione abbia una carica virale più bassa mi pare del tutto evidente. C’è anche una letteratura scientifica in merito, come lo studio guidato da un gruppo di ricercatori italiani, pubblicato dalla rivista Lancet. Bisogna distinguere i contagiati dai malati. L’età media dei contagiati si è drasticamente abbassata, e questo spiega una minore letalità del virus. Ma se analizziamo i ricoveri in ospedale, l'età media non si è abbassata di molto. Eppure attualmente abbiamo circa 120 pazienti ricoverati su circa 32mila positivi: vuol dire lo 0.2 per cento.

Lei ha rifiutato più volte l’appellativo di “negazionista”. Come si definirebbe allora?

Realista. Siamo un paese di catastrofisti, astrattisti. Di gente che non ha una minima correlazione con la clinica. Io faccio il medico, lavoro nei reparti, visito i malati ogni giorno.

In questi giorni il viceministro Pierpaolo Sileri ha annunciato che la campagna di prevenzione contro l’influenza stagionale sarà anticipata. In che modo il vaccino antinfluenzale ci aiuta contro il Covid?

Soprattutto evitando una coinfezione influenza- Covid che potrebbe essere una miscela esplosiva: non sappiamo ancora come agiscono i due virus quando sono insieme nell'organismo. Inoltre, l'influenza è una malattia tutt’altro che banale, che fa tanti morti ogni anno. Dobbiamo evitare tutto ciò che possiamo prevenire. Questo vale anche per altri vaccini importanti: ad esempio l’antipneumococco, contro il batterio che provoca la polmonite.

Intanto aspettiamo il vaccino anti- Covid. Ritiene che dovrà essere obbligatorio?

No, dobbiamo approfittare di questi mesi per fare un’estesa campagna informativa sulla vaccinazione. Dobbiamo spiegare che ci sono dei benefici enormi e anche dei rischi. Non è nascondendoli che si ottiene l'adesione della popolazione. È chiaro che bisognerà anche introdurre degli strumenti di deterrenza.

Come valuta i protocolli prodotti per la ripartenza della scuola?

Di scientifico c'è molto poco in alcune delle misure previste. Bisognava avere poche regole, ma chiare. Faremmo bene a guardare all’esempio di altri paesi.

Ad esempio?

In Olanda sono a scuola da tre settimane, senza mascherine. Lo stesso vale per la Norvegia, la Svezia, la Danimarca. Ma noi abbiamo bisogno sempre di conferme al negativo.