La ragionevole durata del processo e la riservatezza costituiscono beni fondamentali, a tutela dei quali dovrebbe essere finalmente individuata una soluzione condivisa.

È alla soddisfazione di tali beni che andrebbero meglio relazionati anche il ruolo e la struttura dell’udienza preliminare, nella prospettiva di una razionalizzazione del processo penale e di recupero di quella che deve essere l’unica sua funzione, quella di accertamento dei fatti secondo le regole previste.

Allo stato tale udienza non appare soddisfare l’esigenza di selezionare i processi che meritino davvero di essere sottoposti alla successiva verifica del dibattimento.

Non appare essa neanche capace di soddisfare l’esigenza di tendenziale composizione dei suoi esiti ( rinvio a giudizio o proscioglimento) con quelli degli ( eventuali) procedimenti incidentali attinenti alla situazione di libertà dell’imputato o di quella dei suoi beni.

La regola di giudizio dell’udienza preliminare è, oggi, quella che deve essere pronunciata sentenza di non luogo a procedere “quando risulta che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato” e “quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio”.

La regola di valutazione per l’adozione di una misura cautelare personale è, invece quella, diversa, della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza.

Non è prevista nel sistema processuale penale vigente alcuna incidenza nel processo degli esiti in ipotesi favorevoli per l’imputato dei procedimenti incidentali riguardanti la sua libertà personale o quella dei suoi beni. Con evidente lesione del principio di non contraddizione.

La soluzione va trovata sul piano della modifica della regola di giudizio dell’udienza preliminare, al fine di renderla omogenea a quella prevista per l’emissione di una misura cautelare personale: e, cioè, nella previsione che l’udienza preliminare possa concludersi con il rinvio a giudizio soltanto qualora vi siano a carico dell’imputato gravi indizi di colpevolezza.

In questo quadro si potrebbe prevedere che il provvedimento di rigetto di una richiesta di misura cautelare personale, di annullamento della stessa in sede di impugnazione ( riguardante l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza), di rigetto o di annullamento di una misura cautelare reale, anche se non definitivo ( purché non modificato da un successivo provvedimento emesso in sede di impugnazione cautelare), debba essere necessariamente valutato dal giudice dell’udienza preliminare, insieme con gli altri elementi in atti, al fine dell’emissione di sentenza di non luogo a procedere.

La pronuncia cautelare di rigetto non provocherebbe, così, alcun effetto preclusivo, né alcuna restrizione dell’autonomia decisionale del Gup.

La definizione della regola della “sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza” non presenterebbe, poi, alcun problema, perché puntualmente già effettuata dalla giurisprudenza, anche per quanto attiene alla distinzione tra tale regola e quella dell’“oltre ogni ragionevole dubbio”, riguardante l’emissione di una sentenza di condanna.

Andrebbe, poi, previsto con riferimento alla precedente fase delle indagini preliminari che, in presenza di un provvedimento che ritenga l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza o del fumus commissi delicti, la loro prosecuzione debba essere autorizzata dal Gip.

Dovrebbe essere, anche, recuperata pienamente la funzione di “chiusura del sistema” della norma dell’articolo 129 del codice di procedura penale, che prevede che il giudice deve immediatamente emettere, d’ufficio, in ogni stato e grado del processo, sentenza di assoluzione quando risulta l’infondatezza delle accuse.

In tal modo il procedimento/ processo propriamente detto e i procedimenti incidentali riguardanti lo stato di libertà di una persona o dei suoi beni diverrebbero vasi comunicanti; con evidenti vantaggi in termini di economia processuale ( non duplicazione delle valutazioni e conseguente restrizione della durata), di tutela del principio di non contraddizione e di tutela della riservatezza ( essendo l’udienza preliminare camerale e non pubblica).