«Il ministro Bonafede mente o lo fanno mentire laddove dice che non è stato riconosciuto al detenuto il 35 ter relativamente al periodo della carcerazione al penitenziario di Parma». È il duro commento dell’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini in merito alla risposta data dal ministro della Giustizia ieri all’interrogazione parlamentare a firma del deputato di Italia Viva Roberto Giachetti. Ai primi di marzo Giachetti ha chiesto al guardasigilli se ritiene di dover adottare le iniziative di competenza per assicurare ai condannati alla pena dell’ergastolo detenuti nel carcere di Parma la possibilità di usufruire di una cella individuale. Nell’interrogazione si fa riferimento all’articolo de Il Dubbio del 29 ottobre 2019 in cui si è data notizia della protesta degli ergastolani trasferiti da Voghera a Parma, puniti con l’isolamento in “cella liscia” per essersi rifiutati di condividere la cella con un altro detenuto.

Roberto Giachetti, infatti, nell’interrogazione, ha fatto presente che ci sono diversi articoli come quelli del regolamento penitenziario e, non da ultimo, l’articolo 6 dell’ordinamento penitenziario ( legge n. 354 del 1975), comma 5, il quale stabilisce che «fatta salva contraria prescrizione sanitaria e salvo che particolari situazioni dell’istituto non lo consentano, è preferibilmente consentito al condannato alla pena dell’ergastolo il pernottamento in camere a un posto, ove non richieda di essere assegnato a camere a più posti». Non solo, il deputato – sempre nell’interrogazione - ha anche fatto riferimento a una sentenza del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, la quale ha riconosciuto il rimedio risarcitorio previsto dall'art. 35- ter dell'Ordinamento penitenziario al detenuto M. D. per il periodo in cui nel carcere di Parma è stato costretto a convivere con un altro detenuto nella stanza detentiva singola ravvisando la violazione dell'art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Quindi cosa ha risposto il ministro Bonafede? Per quanto riguarda il discorso dei detenuti ergastolani puniti in “cella liscia” per essersi rifiutati di convivere la stanza con altri detenuti, sottolinea che sin dal loro ingresso presso l’istituto di Parma «diversi di questi, con aggiunta di due detenuti AS3 ( per un totale di 9 detenuti), mettevano in atto reiterate manifestazioni di protesta mediante battiture delle inferriate, rifiutandosi di essere allocati in sezione ordinaria con altri detenuti, ritendendo inadeguata la superficie in metri quadri a loro destinata e ritendendo che in quanto ergastolani, vantassero il diritto alla stanza singola». A quel punto, spiega sempre il ministro della Giustizia, la direzione del carcere, in ragione dei gravi comportamenti messi in atto, «ne richiedeva l’allontanamento presso altre sedi, adottando i necessari provvedimenti di natura disciplinare». Ma, si legge sempre nella risposta all’interrogazione parlamentare di Giachetti, che nessun trasferimento è stato poi effettuato, «atteso che tutte le strutture dotate di sezioni AS1 non consentono, allo stato, l’allocazione dei detenuti ivi presenti in camera di pernottamento singole».

Alla fine, prosegue sempre il ministro, tutti i detenuti coinvolti sono stati quindi allocati nella sezione Iride, deputata appunto all’isolamento dei soggetti appartenenti al circuito Alta sicurezza e quindi dotate di celle singole. Secondo il guardasigilli, seppur di isolamento si tratta, le celle sono «rispondenti alle caratteristiche delle restanti stanze dei reparti ordinari». Però, come effettivamente Il Dubbio ha sottolineato nell’articolo, si tratta sempre di una sezione punitiva e infatti, alla fine, come spiega lo stesso ministro «tutti i detenuti interessati, ad ecc ezione di uno solo, dopo gli interventi delle varie figure del penitenziario, hanno inteso interrompere il tipo di protesta/ pretesa» e sono tornati a vivere in camera doppia. Per quanto riguarda le “celle lisce”, il guardasigilli risponde che non risulta corretta l’informazione, perché sono «alcune stanze prive di televisione e con tavolo di pietra, senza altro tipo di limitazione». Però, prosegue sempre il ministro, «ad ogni modo le camere in questione sono state chiuse e soggetti a lavori di adeguamento, compresa la dotazione di Tv».

Ma ora veniamo al dunque. Bonafede, relativamente al detenuto indicato da Giachetti con le iniziali M. D., risponde che «ha presentato reclamo giurisdizionale sub arti 35 – ter OP, accolto in parte, ma non in riferimento al periodo di detenzione presso la casa di reclusione di Parma». Ma è vero? Rita Bernardini del Partito Radicale spiega a Il Dubbio: «Non è assolutamente vero ciò che Bonafede dice nella sua risposta all’interrogazione, o mente oppure lo fanno mentire. Ma forse, più probabilmente, non ha letto l’atto che gli è stato allegato!». In effetti Il Dubbio ha potuto visionare l’ordinanza del tribunale di sorveglianza di Bologna. Il giudice ha accolto gran parte del reclamo riconoscendo il trattamento disumano e degradante riguardanti ampi periodi di carcerazione presso diversi istituti, tra i quali anche quello di Parma. Infatti, come si evince dall’ordinanza, relativamente a quest’ultimo carcere è stato rigettato il reclamo per quanto riguarda il periodo in cui il recluso non ha condiviso la cella con altri detenuti, ma nei suoi restanti 639 giorni, il detenuto ha condiviso «la camera detentiva con un altro detenuto – scrive il giudice -, potendo usufruire uno spazio vivibile individuale di mq 3,7. Per determinare la sussistenza del grave pregiudizio nel caso di specie, in cui lo spazio è superiore a 3 mq e inferiore a 4 mq, si devono prendere in considerazione altre circostanze che influiscono sulla qualità delle condizioni carcerarie». E il giudice le ha rilevate, scrivendo che «costituisce un fattore negativo rilevante per qualificare la detenzione inumana ai sensi della giurisprudenza formatasi sul dettato dell’articolo 3 Cedu in relazione a 639 giorni».