Non c’è pace nel centro per il rimpatrio ( Cpr) di Gradisca. Durante la notte del 14 agosto sono divampati incendi in diversi punti, i migranti hanno inscenato una rivolta ed è stato ferito un carabiniere. Ieri c’è stata la convalida dell’arresto per tre migranti. Ma è successo qualcosa di più? Ci sono foto e video pubblicati dal gruppo “nofrontiere” del Friuli Venezia Giulia che denunciano dei pestaggi. A detta dei protagonisti gli incendi sono avvenuti a seguito del pestaggio di alcuni ospiti della struttura. Ovviamente è tutto da dimostrare. Ma nel video pubblicato si vede chiaramente un ragazzo che è uscito dalla sezione e viene preso di mira da due forze dell’ordine. Una volta rientrato, con le forze, nella stanza ci rimane insanguinato. Il gruppo “nofrontiere” ha condiviso anche le foto di un altro detenuto a terra con la bava alla bocca. Per tutelare la sua identità non hanno messo i video da cui sono stati estratte le immagini, ma questa persona sembra avere urgente bisogno d’aiuto.

Comunque siano andate effettivamente le cose, il cpr di Gradisca ha delle evidenti criticità. Il mese scorso in una cella d’isolamento del Cpr un giovane albanese di 28 anni è stato trovato morto, con lui un cittadino marocchino agonizzante. In sette mesi è il secondo decesso di una persona in custodia dello Stato nella stessa struttura. La persona che ha perso la vita era stata trasferita nel Cpr il 10 luglio, non proveniva da un hotspot e stava scontando la quarantena nella struttura. Nei giorni scorsi il centro aveva raggiunto la sua capienza massima. I Cpr sono tornati ad affollarsi con molti trasferimenti di persone appena sbarcate che dopo la quarantena, sulla Moby Zazà o a terra, e il passaggio da un hotspot finiscono dietro le sbarre. Perché, di fatto, è un carcere per persone che non hanno commesso alcun reato. Questa dinamica sta facendo crescere la tensione nelle sette strutture per la detenzione amministrativa sparse sul territorio nazionale. A Gradisca, oltre la rivolta scorsa, c’erano stati scioperi della fame ed episodi di autolesionismo.

Da ricordare la morte precedente, avvenuta il 19 gennaio scorso, di Vakhtang Enukidze. Quest’ultimo era un cittadino georgiano di 38 anni, morto dopo un calvario tra Cpr, carcere di Gorizia e di nuovo Cpr. L’autopsia effettuata il 27 gennaio aveva escluso il decesso a seguito di percosse, identificandone la causa in un edema polmonare. In occasione della vicenda di Enukidze il deputato di + Europa Riccardo Magi aveva effettuato un’ispezione presso la struttura, denunciando di aver incontrato molti reclusi «evidentemente sotto effetto di calmanti o psicofarmaci. Alcuni in stato confusionale».

Ma anche il M5S si sta rendendo conto dei problemi. A fine luglio, presso il Cpr di Gradisca, è andata a fare una visita ispettiva la deputata cinque stelle Sabrina De Carlo. «Il regime di detenzione imposto ai migranti, all’interno del centro, descrive un quadro complessivo che non consente di osservare il rispetto dei diritti umani universalmente garantiti e può costituire un pericolo per l’incolumità degli operatori assegnati alla struttura, per gli stessi migranti, oltre che per le forze dell’ordine che operano per garantire sicurezza», ha spiegato De Carlo. «Serve un intervento tempestivo sul sistema che regola i centri di rimpatrio, in special modo occorre una revisione dei capitolati per permettere agli operatori di lavorare in condizioni adeguate e di gestire la permanenza dei detenuti in modo opportuno. L’alternativa non può che essere la chiusura definitiva della struttura, anche alla luce dei due decessi che si sono registrati al suo interno, a pochi mesi dall’apertura», conclude la deputata del m5s.

La vicenda di Gradisca è particolare perché si tratta di una ri- apertura: nel 2013, dopo anni di grandi tensioni, culminati con la tragica morte di Majid El Kondra tra l’ 11 e il 12 agosto, il Cie ( acronimo di centro di identificazione ed espulsione) viene infatti chiuso per la situazione intollerabile che vi è all’interno, per poi riaprire il 17 dicembre 2019 sotto il nome di Cpr. Vengono immediatamente trasferite persone provenienti dai CPR di Bari ( in buona parte distrutto a seguito di una rivolta che risale ad aprile 2019) e Torino, dove all’inizio dell’anno sono stati appiccati una serie di incendi.