Sono passati sessantaquattro anni dalla strage di Marcinelle dove l’ 8 agosto del 1956 persero la vita 136 minatori italiani emigrati in Belgio. Allora si parlò di errore umano, di ordini non compresi da quei lavoratori che lavoravano in condizioni vergognose, sfruttati in maniera inumana ed in totale assenza di sicurezza. Fu una pagina nera che non va mai dimenticata. Condizioni dignitose per chi lavora in Italia, rispetto di tutte le norme sulla sicurezza, tutela della salute in tutti i luoghi lavoro, sono oggi priorità inscindibili per il sindacato. Ci mobiliteremo unitariamente nelle prossime settimane anche su questi temi cruciali per il mondo del lavoro.
Ogni giorno in Italia muoiono nei luoghi di lavoro in media due – tre persone. Una strage continua, un bollettino di guerra quotidiano. Parliamo di tante vite spezzate, giovani ed anziani, tante famiglie distrutte dal dolore. E’ la cartina di tornasole di un paese dove la sicurezza sul lavoro e’ considerata, purtroppo, solo un optional. Operai e datori di lavoro sono spesso accomunati dallo stesso destino. Spesso la fredda logica del profitto prevale sulla tutela della vita umana. Succede in tutti i settori produttivi, privati e pubblici: nei cantieri edili, nelle fabbriche, nella logistica, nei trasporti. Accade nelle aziende agricole dove tanti braccianti, italiani e stranieri, muoiono durante il trasferimento nei campi, assoldati per pochi euro al giorno da caporali senza scrupoli, senza il rispetto dei contratti, senza diritti, tutele essenziale. E’ una lenta morte collettiva, silenziosa, incrementata dalla precarietà, dai mancati investimenti in sicurezza, dalla mancanza di personale per i controlli.
Abbiamo apprezzato gli sforzi della ministra del lavoro Catalfo di affrontare questo tema con un tavolo di confronto. Ma le norme purtroppo non bastano. Purtroppo la vigilanza nei luoghi di lavoro è stato finora un ‘ non tema’ nel dibattito pubblico ed anche culturale del nostro paese, nonostante i ripetuti appelli del presidente della Repubblica Mattarella. Se ne discute solo nelle formali note di cordoglio, dopo l’ennesima ‘ morte bianca’. Poi si va avanti come prima, si aspetta il prossimo incidente, come se nulla fosse. Se ne parla troppo poco nelle aziende, nei territori, nelle regioni, nei comuni, nelle scuole, nelle università, in tutti quei luoghi in cui invece si dovrebbe costruire una vera alleanza sociale e culturale per imporre tra le priorità il rispetto della vita e del valore del lavoro.
E’ falso sostenere che non sia possibile uno sviluppo economico compatibile con la sicurezza, la tutela dell’ambiente, la messa in sicurezza del territorio. Anche la digitalizzazione e le nuove tecnologie possono usarsi al servizio della sicurezza, della prevenzione e di migliori condizioni nel mondo del lavoro. Ma bisogna investire di più sull’innovazione, sulla ricerca, sulla formazione delle nuove competenze che possono servire a creare anche condizioni di maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro. Più controlli, più personale qualificato, più cultura della prevenzione: questo serve urgentemente oggi. Ed il sindacato deve fare la sua parte, senza mai sottrarsi dal denunciare gli appalti al ribasso, l’eccesso di esternalizzazioni, pretendere il rispetto integrale di tutte le norme sulla sicurezza e dei protocolli che abbiamo siglato in questi mesi per combattere il Covid. Ecco perché vanno cambiate le norme del decreto semplificazione che, di fatto, hanno allargato le maglie all’affidamento diretto, a discapito dei contratti e della sicurezza dei lavoratori.
Le imprese, grandi e piccole, devono investire in nuovi macchinari più sicuri, fare la giusta formazione sulla prevenzione, rendere i luoghi di lavoro sempre meno vulnerabili agli incidenti. Ma soprattutto c’e’ bisogno di un patto vero tra governo, sindacati e associazioni datoriali, per far rispettare da tutti gli accordi sulla prevenzione, discutere sui carichi eccessivi di lavoro e di straordinari, eliminare o ridurre al minimo i rischi per la salute. Dobbiamo farlo per tutte quelle famiglie italiane che hanno perso un loro congiunto a causa di un incidente sul lavoro. Ma anche per tutti quei giovani che credono ancora nel valore unificante del lavoro e della dignità della persona.
Cosa ci insegna la tragedia di Marcinelle: regole forti sulla sicurezza
Caro Direttore,
Sono passati sessantaquattro anni dalla strage di Marcinelle dove l’ 8 agosto del 1956 persero la vita 136 minatori italiani emigrati in Belgio. Allora si parlò di errore umano, di ordini non compresi da quei lavoratori che lavoravano in condizioni vergognose, sfruttati in maniera inumana ed in totale assenza di sicurezza. Fu una pagina nera che non va mai dimenticata. Condizioni dignitose per chi lavora in Italia, rispetto di tutte le norme sulla sicurezza, tutela della salute in tutti i luoghi lavoro, sono oggi priorità inscindibili per il sindacato. Ci mobiliteremo unitariamente nelle prossime settimane anche su questi temi cruciali per il mondo del lavoro.
Ogni giorno in Italia muoiono nei luoghi di lavoro in media due – tre persone. Una strage continua, un bollettino di guerra quotidiano. Parliamo di tante vite spezzate, giovani ed anziani, tante famiglie distrutte dal dolore. E’ la cartina di tornasole di un paese dove la sicurezza sul lavoro e’ considerata, purtroppo, solo un optional. Operai e datori di lavoro sono spesso accomunati dallo stesso destino. Spesso la fredda logica del profitto prevale sulla tutela della vita umana. Succede in tutti i settori produttivi, privati e pubblici: nei cantieri edili, nelle fabbriche, nella logistica, nei trasporti. Accade nelle aziende agricole dove tanti braccianti, italiani e stranieri, muoiono durante il trasferimento nei campi, assoldati per pochi euro al giorno da caporali senza scrupoli, senza il rispetto dei contratti, senza diritti, tutele essenziale. E’ una lenta morte collettiva, silenziosa, incrementata dalla precarietà, dai mancati investimenti in sicurezza, dalla mancanza di personale per i controlli.
Abbiamo apprezzato gli sforzi della ministra del lavoro Catalfo di affrontare questo tema con un tavolo di confronto. Ma le norme purtroppo non bastano. Purtroppo la vigilanza nei luoghi di lavoro è stato finora un ‘ non tema’ nel dibattito pubblico ed anche culturale del nostro paese, nonostante i ripetuti appelli del presidente della Repubblica Mattarella. Se ne discute solo nelle formali note di cordoglio, dopo l’ennesima ‘ morte bianca’. Poi si va avanti come prima, si aspetta il prossimo incidente, come se nulla fosse. Se ne parla troppo poco nelle aziende, nei territori, nelle regioni, nei comuni, nelle scuole, nelle università, in tutti quei luoghi in cui invece si dovrebbe costruire una vera alleanza sociale e culturale per imporre tra le priorità il rispetto della vita e del valore del lavoro.
E’ falso sostenere che non sia possibile uno sviluppo economico compatibile con la sicurezza, la tutela dell’ambiente, la messa in sicurezza del territorio. Anche la digitalizzazione e le nuove tecnologie possono usarsi al servizio della sicurezza, della prevenzione e di migliori condizioni nel mondo del lavoro. Ma bisogna investire di più sull’innovazione, sulla ricerca, sulla formazione delle nuove competenze che possono servire a creare anche condizioni di maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro. Più controlli, più personale qualificato, più cultura della prevenzione: questo serve urgentemente oggi. Ed il sindacato deve fare la sua parte, senza mai sottrarsi dal denunciare gli appalti al ribasso, l’eccesso di esternalizzazioni, pretendere il rispetto integrale di tutte le norme sulla sicurezza e dei protocolli che abbiamo siglato in questi mesi per combattere il Covid. Ecco perché vanno cambiate le norme del decreto semplificazione che, di fatto, hanno allargato le maglie all’affidamento diretto, a discapito dei contratti e della sicurezza dei lavoratori.
Le imprese, grandi e piccole, devono investire in nuovi macchinari più sicuri, fare la giusta formazione sulla prevenzione, rendere i luoghi di lavoro sempre meno vulnerabili agli incidenti. Ma soprattutto c’e’ bisogno di un patto vero tra governo, sindacati e associazioni datoriali, per far rispettare da tutti gli accordi sulla prevenzione, discutere sui carichi eccessivi di lavoro e di straordinari, eliminare o ridurre al minimo i rischi per la salute. Dobbiamo farlo per tutte quelle famiglie italiane che hanno perso un loro congiunto a causa di un incidente sul lavoro. Ma anche per tutti quei giovani che credono ancora nel valore unificante del lavoro e della dignità della persona.
* Segretaria Generale Cisl
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