Negli Usa è in pericolo la libertà di espressione. Per quanto strano e incredibile possa sembrare, gli Stati Uniti dAmerica stanno diventando un Paese in cui la libertà di pensiero e di parola è sempre più in pericolo. E uso i termini strano e incredibile proprio perché, da sempre, siamo abituati a pensare lAmerica come il Paese in cui tale libertà è invece garantita integralmente, caratteristica che la rende o, forse, la rendeva il principale avversario dei tanti regimi autoritari, di destra e di sinistra, che oggi pullulano nel mondo. Comè noto, tale situazione è una conseguenza diretta della prevalenza spesso asfissiante del politically correct nella cultura americana. Da quando in molti ambienti intellettuali si è diffusa la convinzione che soltanto alcune idee siano per lappunto corrette, e che quelle non in linea vadano semplicemente eliminate, si è verificata una deriva illiberale che, sotto certi aspetti, può anche essere definita autoritaria.Per fortuna le pulsioni autoritarie riguardano, per ora, soltanto il mondo universitario e della cultura in genere. Non hanno (ripeto: per ora) coinvolto lassetto politico e istituzionale della nazione, che resta fermamente democratico con libere elezioni e lalternanza al potere di partiti tra loro in competizione per conquistare il consenso degli elettori.Tuttavia, ciò che sta accadendo oggi negli Usa induce a essere pessimisti. In altre parole è opportuno chiedersi se lAmerica di domani sarà ancora un Paese come quello che abbiamo conosciuto - in cui a ognuno viene garantita la libertà di parlare e di scrivere ciò che vuole, per quanto dissonanti le sue idee siano rispetto a quelle di chi sta cercando di imporre, e con successo, un pensiero unico dai cui canoni non è lecito derogare. Il fatto è che lepicentro di questo mutamento epocale è proprio il mondo accademico. Vi sono dei docenti italiani che, quando parlano di Harvard, Princeton o Columbia University, lo fanno con toni ieratici, e i loro occhi contemplano in quel caso un mondo di perfezione, nel quale il merito vince sempre e il dibattito fluisce libero, spontaneo e diretto come si presume avvenisse nellAccademia platonica.La realtà, però, è ben diversa, e sono tanti gli episodi che lo dimostrano. A Harvard agli studenti repubblicani o in genere conservatori la libertà di parola non è concessa. Essi rappresentano una esigua minoranza e avrebbero bisogno di uno sponsor che concedesse aule per organizzare convegni e dibattiti. Non vi sono tuttavia direttori di dipartimento e presidi di facoltà che si assumano una simile responsabilità poiché, se lo facessero, subirebbero contestazioni violente e rischierebbero pure di perdere la loro posizione istituzionale.A Princeton alcuni coraggiosi hanno tentato di impedire che il nome di Woodrow Wilson, rettore dellateneo nel primo scorcio del 900, venisse rimosso da facoltà e dipartimenti. Ma gli studenti, appoggiati dalla stragrande maggioranza del corpo docente, lhanno avuta subito vinta. Il risultato è che il nome di questo presidente, da sempre icona del progressismo americano, è sparito da Princeton, quasi fosse stato un criminale.Nei campus Usa ormai si può solo parlare di alcuni argomenti mentre altri sono tabù, e negli gli stessi insegnamenti si segue fedelmente questo trend. La qualità dellistruzione ovviamente ne risente, e chissà se in futuro i prestigiosi atenei dianzi menzionati continueranno ad occupare i primi posti nelle classifiche mondiali. Classifiche peraltro elaborate in Cina, anche se molti non lo sanno.Giunti a questo punto è difficile pensare che nelle università americane la tendenza possa essere invertita. Al contrario, pare crescere con costanza lansia liberticida che, come tutti sanno, coinvolge pure la stampa e il mondo dellinformazione in genere. Non si contano giornalisti e direttori licenziati in tronco per aver osato esprimere opinioni non in linea con il mainstream corrente.Ma unAmerica dominata dal pensiero unico non è più lAmerica, e rischia di assomigliare sempre più al suo principale competitor strategico: la Repubblica Popolare Cinese. Negli anni 60 del secolo scorso Allan Bloom scriveva che alluniversità spetta la ricerca della verità e la lotta contro le false credenze, e che non può invece essere il luogo della sperimentazione democratica come volevano gli studenti di quel periodo. Parole profetiche, che allora vennero ascoltate mentre oggi sono cancellate senza remore.