Un coraggio e una fermezza nei propri principi che suscita ammirazione ma anche un diffuso allarme per il loro stato di salute.

Ebru Timtik e Aytaç Ünsal sono due avvocati turchi rinchiusi in carcere con la pesantissima accusa di “attività eversiva” e “fiancheggiamento del terrorismo solamente perché difendevano dei cittadini accusati di tali reati”. Un amalgama ormai diventata la regola nella Turchia governata con il pugno di ferro dal “sultano” Erdogan che, dal fallito Golpe del luglio 2016, ha trasformato la Turchia in uno Stato di polizia compiendo migliaia e migliaia di arresti. Gli avvocati sono una delle categorie più colpite dalle “grandi purghe”.

Da oltre 200 giorni Timkit e Ünsal sono in sciopero della fame e le loro condizioni appaiono sempre più preoccupanti. Anche perché non hanno alcuna intenzione di mollare né di ammettere crimini che non hanno mai commesso.

Se la comunità internazionale agisce con estrema lentezza e cautela limitandosi a generiche condanne della repressione di Ankara, le voci più vibranti sono quelle delle avvocature, in particolare di quella italiana, in prima linea fin dal principio nel denunciare gli abusi del regime e la cancellazione de facto dello Stato di diritto.

Su segnalazione della collega Barbara Spinelli ( già fermata e arrestata dal regime turco nel 2017 quando era nel paese in veste osservatrice internazionale n. d. r.) il Consiglio dell’ordine di Bologna ha emesso una delibera in cui si chiede alla Corte di cassazione turca di sconfessare le sentenze precedenti e di liberare i due legali ingiustamente detenuti. I quali dietro le sbarre stanno rischiando la propria vita.

Il Coa di Bologna intende così «richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica turca e internazionale per porre fine a questo strallo».

Come atto simbolico di solidarietà i colleghi bolognesi hanno nominato Timkit e Ünsal come componenti effettivi della Commissione internazionale e della Commissione per i diritti Umani del Coa. Come ha scritto l’avvocato Giovanni Delucca, consigliere dell’Ordine di Bologna, la lotta dei legali turchi deve servire da esempio per chi ha a cuore la democrazia, e le loro fewrite sono anche le nostre: «Chi difende i diritti a costo della vita, è uno di noi!» Secondo il rapporto The Arrested Lawyer Initiative a cura del Consiglio nazionale forense, negli ultimi quattro anni in Turchia quasi 2mila avvocati sono finiti sotto la lente di ingrandimento delle procure, 605 sono stati messi in prigione, 345 condannati in via definitiva in processi farsa in totale spregio delle regole del diritto, per un totale di 2158 anni di carcere.