«L’immigrazione è una questione seria che non va spettacolarizzata, va affrontata con concretezza». Per Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari costituzionali della Camera in quota M5S, sta tutta qui la differenza tra il Conte 1 e il Conte 2 in materia d’immigrazione: nell’approccio. La Guardia costiera di Tripoli ha sparato sui migranti, uccidendo tre persone. È possibile che abbiamo rifinanziato la missione troppo frettolosamente? C’è stato un ampio dibattito parlamentare e credo che interrompere i rapporti non sia una scelta che possa portare a qualche risultato. Nelle relazioni geopolitiche i vuoti vengono sempre riempiti da qualcun altro. Solo con la nostra presenza in Libia riusciremo a cambiare le cose, senza rinunciare alle nostre convinzioni e anzi affermandole con fermezza. È un discorso più generale che riguarda anche l’Egitto. Basta ritirare il nostro ambasciatore al Cairo per trovare la verità sul caso Regeni? Onestamente non credo. Matteo Orfini dice che è ipocrita fingere di indignarsi per i morti. Ciò che accade in Libia, dai lager alle uccisioni, non è altro che la logica conseguenza dei nostri accordi bilaterali. Ha ragione? A prescindere da Orfini, ho sempre sostenuto che la Libia non è un porto sicuro e che molto si deve fare per far valere i diritti umani, ma può l’Italia farsi carico da sola di questo problema? Io penso che serva una risposta europea con una sola voce e con l’Italia pronta a fare la propria parte. La precondizione di ogni miglioramento è la stabilizzazione politica della Libia. La ridiscussione del Memorandum è attesa da più di un anno. Quando riusciremo a imporre alla Libia un nuovo accordo? Il Movimento 5 Stelle ha piena fiducia nel lavoro del ministro Di Maio sulla modifica del memorandum. La Libia è di fronte a noi. In Libia c’è una gran voglia di Italia e l’Italia ha voglia di una Libia in pace e attenta ai diritti umani. Certo, ma quali condizioni dovranno essere imprescindibili per l'Italia? Lotta ai trafficanti di esseri umani, sgombero dei centri di detenzione e cooperazione vera. Col bel tempo, complice la crisi economica tunisina, sono ricominciati gli sbarchi in Sicilia. La ministra Luciana Lamorgese ha inviato i militari per far fronte all'emergenza sanitaria e il ministro Luigi Di Maio invoca rimpatri rapidi. Dunque, cosa è cambiato rispetto al Conte 1 in materia di immigrazione? Nulla, se non la consapevolezza che il tema dell’immigrazione è una questione seria che non va spettacolarizzata, ma va affrontata con concretezza. Oltre alla questione Libia c’è anche un gigantesco caso Tunisia e bene ha fatto il ministro Lamorgese a recarsi direttamente a Tunisi. Le ridistribuzioni europee devono ripartire, così come i rimpatri. Serve una forte iniziativa della Commissione. Questo governo ha già ottenuto diversi successi in Europa sul campo economico. Ora è tempo di farlo anche sull’immigrazione. Non sarebbe il caso di attivare corridoi umanitari per chi fugge insieme al resto d’Europa? Assolutamente sì e anzi deve essere questa la priorità per un vero cambiamento in Libia. Da tempo insieme alla viceministra Emanuela Del Re sosteniamo e lavoriamo per questa soluzione, richiesta più volte da diverse organizzazioni della società civile. Lo dicevamo quando governavamo con la Lega, lo ribadiamo oggi con un Ministro dell’Interno sicuramente più concreto e più operoso. I centri gestiti dal governo libico vanno evacuati e i corridoi rappresentano una soluzione per condividere solidarietà e responsabilità. Tra le condizioni per far nascere il nuovo governo figurava la modifica ai decreti Sicurezza. Ma ad un anno di distanza stanno ancora lì. Perché? Una parte del suo partito non se la sente di rinnegare il lavoro svolto insieme alla Lega? Sul tema vedo una grande unità all’interno del Movimento 5 Stelle. Se ne parla poco sui giornali e naturalmente capisco perché. Al Viminale, insieme alla collega Vittoria Baldino, oggi porterò una posizione condivisa, dopo una valutazione di ciò che ha funzionato e di ciò che non ha funzionato. Parleremo di riforma del sistema di accoglienza. Un’idea molto più ambiziosa del semplice ripristino degli Sprar. L’impianto di Salvini reggeva con un numero alto di rimpatri e un numero basso di arrivi. È successo esattamente l’opposto. Bisognerà modificare quei decreti partendo dalle raccomandazioni del Colle o vi spingerete oltre? Le proposte sul tavolo vanno già oltre le raccomandazioni del Quirinale. Servono norme che giustifichino la necessità e l’urgenza se si vuole fare un decreto. Noi chiediamo tre cose: una riforma vera del sistema dell’accoglienza, la chiusura dei grandi centri che portano solo disordine e illegalità e un miglioramento delle condizioni dei centri di permanenza del rimpatrio. A volte la Libia ce l’abbiamo in casa e facciamo finta di non accorgercene. A proposito di Salvini. Se fosse senatore, oggi come voterebbe sull'autorizzazione a procedere nei confronti dell'ex ministro sul caso Open Arms? Non ho ancora 40 anni, ma certamente oggi voterei sì all’autorizzazione a procedere. Aggiungo anche che avrei votato sì anche un anno fa sul caso Diciotti. È una valutazione che prescinde da Salvini. I politici non possono scappare dai processi e i magistrati non possono ostacolare gli interventi del Parlamento e del governo. Penso ad esempio allo stop delle porte girevoli per le toghe in politica contenute nel testo sul conflitto d’interessi che ho presentato in commissione. Magistratura e politica devono ognuna poter fare il proprio lavoro, non devono intralciarsi l’un l’altra.