Quando si è diffusa l’idea che il governo volesse prorogare lo stato d’emergenza fino a fine anno, non solo dalle opposizioni ma anche nell’opinione pubblica si è alzato un grido di protesta. E così, dopo qualche settimana di riflessione, l’esecutivo sembra ora intenzionato a prorogarlo fino al 31 ottobre, dunque di pochi mesi. Ma il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, questa volta ha deciso di farlo rispettando il ruolo cruciale del Parlamento e dunque passando dall’aula dove le forze politiche potranno discutere della necessità della proroga.

L’inquilino di Palazzo Chigi riferirà alla Camera la mattina di mercoledì 29, come stabilito dalla riunione dei capigruppo, dove avrà modo di illustrare la situazione epidemiologica della Covid- 19 in Italia e dell’eventuale proroga. Una scelta che soddisfa, almeno in parte, le opposizioni, con Forza Italia che per bocca della presidente dei senatori, Anna Maria Bernini, specifica di non trattarsi di una concessione ma di «un atto dovuto che non elimina le perplessità su una scelta che appare comunque forzata». E chissà che sulla decisione del governo di passare prima dal Parlamento non abbia inciso la sentenza del Tar del Lazio che ha dato ragione alla Fondazione Einaudi sulla desecretazione degli atti alla base dei Dpcm emessi durante il periodo di lockdown.

La Fondazione ha spiegato che gli avvocati Rocco Mauro Todero, Andrea Pruiti Ciarello ed Enzo Palumbo avevano chiesto che il presidente del Consiglio rendesse disponibili i verbali del comitato tecnico- scientifico, utilizzati per sostenere la necessità di emanare i quattro Dpcm annunciati con tanto di dirette Facebook da Conte: quello del primo marzo, quello dell’ 8 marzo, quello del primo aprile e quello del dieci aprile. I giuristi, dal momento che i decreti contenevano misure restrittive di diritti e libertà costituzionali, hanno ritenuto necessario chiedere l’accesso generalizzato agli atti ma, si legge in una nota della Fondazione, «il Governo, e per esso il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, si è rifiutato di consegnare i verbali».

Da qui il ricorso al Tar, che ha dato ragione ai giuristi. Il Tar ha stabilito che in questo caso l’accesso agli atti, «oltre a favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, ha anche la finalità di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico». Entro trenta giorni dovrà dunque essere consentito l’accesso a quegli atti, che, assicurano i giuristi ricorrenti, «saranno resi pubblici non appena verranno consegnati. Solo chi ha paura del giudizio dei cittadini si può opporre a che questi siano informati e consapevoli». In ogni caso, lo stato d’emergenza derivante dall’epidemia di coronavirus scadrà a fine luglio, e di conseguenza il dibattito sulla sua proroga si fa ogni giorno più acceso. Secondo Elisa Pirro, capogruppo del Movimento 5 stelle in commissione Igiene e Sanità in Senato, il governo «è riuscito a rallentare i contagi da Covid- 19 proprio grazie a strumenti emergenziali non certo limitati alla chiusura dei cittadini in casa». La senatrice si dice dunque d’accordo con le parole del viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, secondo il quale prolungare lo stato d’emergenza non equivale a un nuovo lockdown ma consentirebbe di agire tempestivamente in caso di bisogno.

Ma in maggioranza c’è anche chi, come il deputato e costituzionalista Stefano Ceccanti, ritiene opportuno riflettere «sui limiti di contenuto dei provvedimenti futuri in un contesto che non è comunque di pandemia generalizzata». In una nota Ceccanti spiega che «misure di limitazione delle libertà fondamentali dovrebbero essere adottate solo per specifici ambiti territoriali, per contrastare l’insorgenza dei focolai, e non sull’intero territorio nazionale». E se il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha rassicurato sul fatto che «stiamo molto meglio rispetto a marzo», tuttavia ha anche ribadito che «c’è ancora bisogno di tutta una serie di norme da rispettare» e che per questo «l’orientamento del governo è che non stiamo fuori da questa vicenda». Ma la proroga dello stato d’emergenza, che permette al governo di emanare provvedimenti in tempi brevissimi grazie ai Dpcm, tra i quali gli atti che il Tar Lazio ha sentenziato di desecretare, non è ritenuta necessaria da tutte le forze politiche, in primis la Lega di Matteo Salvini. «Chiunque voglia prorogare lo stato d’emergenza è un nemico dell’Italia e degli italiani», ha detto l’ex ministro dell’Interno, specificando che «non c’è nessuna emergenza sanitaria in corso» e che l’eventuale proroga «ammazzerebbe l’economia italiana».