Mancano meno di due mesi al giorno in cui saremo chiamati a pronunciarci a favore o contro la riduzione del numero dei parlamentari. Un referendum confermativo, non è previsto, in questo caso il quorum. Per assurdo, può bastare qualche milione di elettori, e la “riforma” passa. E’ un referendum fantasma. Nessuno ne parla, non se ne discute. Il referendum fantasma taglierà le teste ma il popolo non controllerà più gli eletti

Mancano meno di due mesi al giorno in cui saremo chiamati a pronunciarci a favore o contro la riduzione del numero dei parlamentari. Un referendum confermativo, non è previsto, in questo caso il quorum. Per assurdo, può bastare qualche milione di elettori, e la “riforma” passa. E’ un referendum fantasma. Nessuno ne parla, non se ne discute; la vulgata è un generico “diminuiranno i senatori e i deputati”, oltre non si va. Quali le conseguenze di questa riduzione? Si dovranno per forza ridisegnare le circoscrizioni elettorali. Il risultato pratico è che il parlamentare, già ora poco o nulla “controllato” dal suo elettore, lo sarà ancora meno.

Non solo: con il meccanismo attuale, continuerà ad essere scelto da una ristretta oligarchia partitica: il segretario e i capi- corrente, che designeranno i posti in lista, e automaticamente assegneranno l’elezione di Tizio o Caio; ed essendo la carne debole, è da credere che il criterio della selezione continuerà ad essere, più che quello della lealtà, quello della fedeltà.

Ad ogni modo, nessuno si preoccupa di informare gli elettori dei pro e dei contro di questa iniziativa. Mancano meno di due mesi e neppure ci si pone il problema di predisporre almeno un calendario nelle televisioni e nelle radio dove i sostenitori della riduzione e chi invece è contrario, possano esporre le loro ragioni. E dire che non sarebbe irragionevole pretendere che sia compilato un vademecum “neutro” da distribuire alle famiglie. In altri paesi, dove i referendum sono strumenti seri di consultazione popolare, accade.

Ripeto: nessun confronto, nessun dibattito. Non può essere un caso.

La riduzione dei parlamentari è il cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle. Sono sicuri di vincere il referendum, e di portare a casa questo trofeo, che in qualche modo compenserà la prevedibile debacle alle amministrative. Spiegare le ragioni del NO a questa riforma, per il M5S costituisce un pericolo mortale: se si sa, se si conosce di cosa si tratta davvero, ecco che, come nella favola, il re appare vestito di nulla. Meglio dunque tacitare il bambino, che dicendo una verità scomoda potrebbe aprire gli occhi a tanti.

Il centro- destra, non è da meno. Anche la Lega e Fratelli d’Italia ( Forza Italia un po’ meno), cercheranno di sfruttare la “riforma”; e comunque loro hanno già una vittoria in tasca da esibire: Liguria e Veneto non sono in discussione; possono credibilmente conquistare Marche e Puglia; al centro- sinistra resterebbero solo Campania e Toscana. Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi hanno di che cantar comunque vittoria.

Resta il centro- sinistra, e più propriamente il Partito Democratico;, al solito, con il cerino acceso in mano. Il PD si è accodato in zona Cesarini. Lo ha fatto per convenienza e calcolo sbagliato; per ragioni di malintesa governabilità. Per ragioni di politica politicante il PD ha scelto la via del silenzio, del quasi chiamarsi fuori. Come se la cosa non lo riguardasse.

Evidentemente spera così di pagare un prezzo non gravoso. Sbaglia: per l’ennesima volta appare a rimorchio dei 5 Stelle, incapace di elaborare una strategia politica, privo di visione che non sia quella della mera occupazione del potere.

C’è poi, come il Partito Radicale, chi si oppone a questa “riforma”. Avete mai sentito un Maurizio Turco, una Rita Bernardini, un Andrea Cangini? Silenziati, senza voce. Oscurati. Eppure, sarebbe utile, interessante, conoscere le loro ragioni. Sarebbe doveroso assicurare che possano essere conosciute.

Sul referendum per la riduzione dei parlamentari grava una spessa censura; i sostenitori del NO devono fare i conti con una deliberata volontà di negare informazione e conoscenza.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, custode e garante della legalità costituzionale, per primo dovrebbe essere preoccupato e inquieto della pervicace negazione del principio einaudiano del “conoscere per deliberare”.