Giuseppe Conte ci ha messo, come si suol dire, la faccia e anche qualcosina in più. Agli occhi di Angela Merkel e Emmanuel Macron, la coppia che si pone come guida della nuova Ue è lui il garante del corretto uso dei fondi europei da parte dell'Italia. Scagliarsi contro i gretti olandesi è facile, non del tutto ingiustificato, e propagandisticamente di sicuro effetto come tutto ciò che parla alla pancia tifosa della penisola. La realtà, però, è che i dubbi messi apertamente in campo Rutte e dagli altri sedicenti frugali godono in Europa di circolazione ben più ampia e certo non limitata a quei cinque piccoli Paesi.N on è pregiudizio, o lo è solo in parte, e non è una pesante ma anacronistica eredità del passato. Negli anni precedenti le elezioni del 2018 la commissione europea di allora ha in realtà concesso all'Italia margini di flessibilità molto ampi, in buona parte sprecati per misure di stampo schiettamente elettorale. Non bisogna confondere misure finalizzate a ridurre le diseguaglianze sociali, capitolo che almeno sulla carta figura tra le priorità essenziale dell'Unione, e misure che mirano invece a garantire un ritorno a breve in termini di consenso, come i famigerati 80 euro di Renzi. La differenza è chiara: le prime dovrebbero avere carattere strutturale, le seconde, cioè quelle di solito privilegiate dai governi italiani, sono effimere. La diffidenza dell'Europa non è del tutto ingiustificata. Il Consiglio indica poi una direzione precisa per l'uso dei mld distribuiti col Recovery Fund: vuole che siano indirizzati tutti verso gli investimenti e non vengano adoperati per la spesa corrente ma neppure per azzardare la misura senza dubbio più popolare di tutte: il taglio delle tasse.Probabilmente Conte si rende ben conto di quanto sarà difficile resistere a un assalto alla diligenza senza precedenti, come senza precedenti sono i fondi a disposizione: 200 mld da spendere in due anni. Anche per questo insiste per centralizzare la decisione, affidandola a una task force nella quale lui stesso sarebbe il perno e ai ministri competenti verrebbero affiancati i responsabili del Cipe e della Cassa depositi e prestiti, comunque figure che il premier si immagina svincolate dalla preponderanza degli interessi politici a breve, dalla tentazione cioè di usare almeno una parte di quei fondi per conquistare consenso e popolarità a breve.Il problema è che questa logica tecnocratica, non priva di argomenti a supporto, implica una ulteriore riduzione degli spazi propri di una democrazia parlamentare. In nome dell'emergenza Covid il ruolo del Parlamento è già stato ridotto all'osso. I vertici di maggioranza, sostituiti dagli incontri tra capidelegazione al governo sono diventati a tutti gli effetti vertici intergovernativi che limitano ulteriormente il ruolo sia del Parlamento che delle forze politiche. La task force metterebbe definitivamente nell'angolo sia le Camere che, in buona misura, lo stesso governo, almeno nella sua collegialità. Lo scontro su chi debba gestire il Piano di ricostruzione è destinato a proseguire a intensificarsi. Renzi ha aperto le ostilità in aula. Forza Italia lo ha seguito a ruota. Ma anche il Pd e persino i 5S nutrono sentimenti identici. Al problema si somma quello eterno del Mes. Sin qui il braccio di ferro sull'accesso o meno alla linea di credito agevolata del Fondo Salvastati è stata essenzialmente una questione di bandiera e di schieramento ideologico. Non che sottopelle non corressero valutazioni concrete. Però non tanto urgenti e immediate da rendere davvero incombente la necessità di decidere. Le cose stanno per cambiare e forse sono già cambiate. Settembre è vicinissimo. I veri banchi di prova immediati sui quali verrà valutato da cittadini ed elettori il governo stanno per essere esposti: sono la scuola e la sanità. La realtà è che la riapertura delle scuole è in alto mare e la sanità dovrà reggere l'urto non solo di una possibile seconda ondata ma anche quello, invece certo, della normale influenza stagionale. Nella situazione data, un'ondata influenzale coniugata con la paura del Covid potrebbe bastare a determinare una serie di collassi. Dunque servono fondi e servirebbero subito. Il ministro della Sanità Speranza ha chiesto 20 mld. I colleghi hanno fatto finta di non sentire. Perché per stanziare anche solo una parte di quella cifra serve il Mes ma su quel fronte i 5S fanno muro.Il governo ha ottenuto un indubbio successo portando a casa una valanga di miliardi. Rischia di vanificarlo discutendo sul chi e come debba usarli.