A un’Europa quasi imprevedibile nella sua lungimiranza non dovrebbe affiancarsi ora un’Italia troppo prevedibile nella sua più corta veduta. Per ora, diciamolo, non è così. I commenti della maggioranza sembrano tutti rivolti a costruire uno scontato monumento a cavallo per il presidente del consiglio.

E quelli dell’opposizione, in modo speculare, a loro volta minimizzano e demonizzano. Il cortile di casa della politica italiana risuona sempre degli stessi argomenti, e quel disco rotto comincia a stancare. E invece servirebbe un colpo di fantasia, una mossa spiazzante, l’apertura di un nuovo gioco.

Soprattutto da parte del governo, che ora può cambiare lo spartito. Chi ha in mano le redini del paese si è mosso fin qui prestando orecchio agli argomenti più demagogici che trovava a sua disposizione. Ha coccolato la retorica populista, cercando da quelle parti il sostegno di cui aveva bisogno.

Ha compiaciuto gli stati d’animo più esacerbati di una parte di opinione pubblica, gabellando col nome di riforme le più tetragone controriforme. Ha sparso a piene mani illusioni ed equivoci a cui l’Europa di oggi, versione Merkel, toglie ogni alibi.

Ora, il populismo poteva forse forse - avere un senso nel fronteggiare istituzioni sorde e cieche, arroccate in se stesse. Difficile pensare che oggi quel senso sia ancora lì. Sta cominciando il post- populismo, ed è tempo che la politica italiana ne sia consapevole.