Cos’è davvero sotto esame al Consiglio europeo? Semplice: la fiducia. No, non è il caso di avventurarci in una dissertazione scientifica complicata su quanti modi diversi vi siano per pensare e per studiare la fiducia. Siamo sullo scorcio della mezza estate e abbiamo bisogno di leggerezza. Ma una cosa la possiamo e la dobbiamo dire: fra le tante tracce indelebili lasciate dal covid 19 una riguarda proprio la trasformazione dei meccanismi e dei processi di verifica della fiducia.
È la fiducia il vero tema del ( ri) lancio della società e dell’economia del paese. Certo, nella scorsa settimana è successo qualcosa di importante: il decreto Rilancio è passato dallo stato di potenzialità a quello di realtà. Un poderoso intervento che copre una serie ampia di settori e che ha come destinatari segmenti cruciali della vita economica e sociale del paese: famiglie, imprese, pubbliche amministrazioni. La razionalità che ispira la scrittura del decreto è duplice: estendere nel tempo gli ammortizzatori sociali che sono stati introdotti in via emergenziale per contrastare l’ondata di shock economico e sociale generata dalla pandemia e dalle misure di contrasto al contagio covid 19; rendere possibili opzioni di investimento su ricerca e sviluppo che appaiono particolarmente necessarie allo stato in cui oggi si trova il paese. Tutto da determinarsi resta l’orizzonte attuativo delle misure predisposte. L’attuazione di questo decreto è più facile per coloro che già detengono posizioni di mercato rispetto a quanto non lo sia per coloro che sul mercato devono recuperare posizioni perdute a causa della crisi.
Certo, ci sono gli incentivi per le start up, ma è anche vero che il tempo gioca contro in condizioni di complessità amministrativa e procedurale. E qui viene dunque il primo snodo strategico: “rilancio” è qualcosa che fa qualcuno che sta ad un tavolo di gioco a cui ha partecipato, lancio è qualcosa che fa qualcuno che arriva ex novo e decide di credere di scommettere sul tavolo. La differenza non è di poco conto. Riuscirà il decreto Rilancio a indurre i nostri giovani, le eccellenze professionali, le creatività, a lanciarsi nella fiducia che valga la pena investire sul paese? Non si tratta di tenere la posizione attraverso le criticità che sono state generate dal Covid19. Si tratta di scommettere sul nuovo.
Un ulteriore aspetto riguarda il fatto che mentre si interviene per dare supporto alle famiglie e alle imprese, ovvero per allentare la presa del peso fiscale sugli attori che più risentono della contrazione delle attività economiche legate alla emergenza pandemica, molto meno ci si muove sul piano del ripensamento degli spazi entro cui le azioni supportate dal decreto si andranno a dispiegare. Certo, l’edilizia è al centro dell’intervento, anzi ne è uno degli aspetti più forti, tanto da fare muovere con anticipo – secondo un noto meccanismo di aspettative adattive – attori presenti sul mercato come proprietari o imprese fornitrici di servizi e prestazioni di settore. Ma una cosa è riqualificare – il che va benissimo soprattutto se pensato in una chiave di sostenibilità ambientale – e una cosa che è scommettere sul futuro, ossia sugli spazi delle nostre città e forse diciamolo delle nostre vite pubbliche e civiche, a partire dai piccoli comuni e dalle piccole e medie città.
Insomma, per una volta ci è chiaro, anzi chiarissimo, che l’arena di gioco del decreto rilancio è una arena che cambia in modo qualitativo a seconda del quantum di fiducia che andremo a costruire. Fiducia fra chi e chi? E su cosa? Fra cittadini e istituzioni, non dico fra cittadini e politica, dico fra cittadini e istituzioni, fra donne uomini bambini ed anziani, generazioni che si sono compattate fra diversi riconoscendosi uguali nella fase del lockdown del covid 19 e poi nella fase della crisi economica che ne è conseguita e che oggi guarda alla fonte di regolarità – le istituzioni – con una sola domanda: dateci buone ragioni non solo per rilanciare, ma per lanciarci e scommettere sul futuro. Attenzione: le buone ragioni per scommettere non sono le risorse ad oggi, quelle finiranno domani, poi magari ne arriveranno altre, le quali a loro volta finiranno, le buone ragioni per scommettere sono sempre di carattere fiduciario. Io non scommetto su nessun futuro se so che domani i parametri strategici che sono dati oggi non saranno più veri. Fra il decreto rilancio e i comportamenti di noi tutti, cittadine e cittadini imprese, associazioni, giovani, bambini, anziani, si incunea il processo di elaborazione dei decreti attuativi e delle circolari attuative. Abbiamo un disperato bisogno di qualcosa che sia vero oggi e domani. Che le istituzioni che ci chiedono di rilanciare dandoci il fiato delle risorse si impegnino a creare una risorsa ben più impalpabile e a conservarla nel tempo.
Durante il lockdown ci siamo riconosciuti capaci di darci fiducia gli uni agli altri, durante il Consiglio europeo scopriremo fino a che punto ci fidiamo gli uni degli altri, ma intanto iniziamo da noi: dateci regole certe, che durino nel tempo. È questa l’acqua che irrora il fiume della fiducia di cui abbiamo bisogno.
Al Consiglio europeo il vero tema in ballo è la fiducia. Per il rilancio c’è bisogno di regole certe e durature
Cos’è davvero sotto esame al Consiglio europeo? Semplice: la fiducia. No, non è il caso di avventurarci in una dissertazione scientifica complicata su quanti modi diversi vi siano per pensare e per studiare la fiducia. Siamo sullo scorcio della mezza estate e abbiamo bisogno di leggerezza. Ma una cosa la possiamo e la dobbiamo dire: fra le tante tracce indelebili lasciate dal covid 19 una riguarda proprio la trasformazione dei meccanismi e dei processi di verifica della fiducia.
È la fiducia il vero tema del ( ri) lancio della società e dell’economia del paese. Certo, nella scorsa settimana è successo qualcosa di importante: il decreto Rilancio è passato dallo stato di potenzialità a quello di realtà. Un poderoso intervento che copre una serie ampia di settori e che ha come destinatari segmenti cruciali della vita economica e sociale del paese: famiglie, imprese, pubbliche amministrazioni. La razionalità che ispira la scrittura del decreto è duplice: estendere nel tempo gli ammortizzatori sociali che sono stati introdotti in via emergenziale per contrastare l’ondata di shock economico e sociale generata dalla pandemia e dalle misure di contrasto al contagio covid 19; rendere possibili opzioni di investimento su ricerca e sviluppo che appaiono particolarmente necessarie allo stato in cui oggi si trova il paese. Tutto da determinarsi resta l’orizzonte attuativo delle misure predisposte. L’attuazione di questo decreto è più facile per coloro che già detengono posizioni di mercato rispetto a quanto non lo sia per coloro che sul mercato devono recuperare posizioni perdute a causa della crisi.
Certo, ci sono gli incentivi per le start up, ma è anche vero che il tempo gioca contro in condizioni di complessità amministrativa e procedurale. E qui viene dunque il primo snodo strategico: “rilancio” è qualcosa che fa qualcuno che sta ad un tavolo di gioco a cui ha partecipato, lancio è qualcosa che fa qualcuno che arriva ex novo e decide di credere di scommettere sul tavolo. La differenza non è di poco conto. Riuscirà il decreto Rilancio a indurre i nostri giovani, le eccellenze professionali, le creatività, a lanciarsi nella fiducia che valga la pena investire sul paese? Non si tratta di tenere la posizione attraverso le criticità che sono state generate dal Covid19. Si tratta di scommettere sul nuovo.
Un ulteriore aspetto riguarda il fatto che mentre si interviene per dare supporto alle famiglie e alle imprese, ovvero per allentare la presa del peso fiscale sugli attori che più risentono della contrazione delle attività economiche legate alla emergenza pandemica, molto meno ci si muove sul piano del ripensamento degli spazi entro cui le azioni supportate dal decreto si andranno a dispiegare. Certo, l’edilizia è al centro dell’intervento, anzi ne è uno degli aspetti più forti, tanto da fare muovere con anticipo – secondo un noto meccanismo di aspettative adattive – attori presenti sul mercato come proprietari o imprese fornitrici di servizi e prestazioni di settore. Ma una cosa è riqualificare – il che va benissimo soprattutto se pensato in una chiave di sostenibilità ambientale – e una cosa che è scommettere sul futuro, ossia sugli spazi delle nostre città e forse diciamolo delle nostre vite pubbliche e civiche, a partire dai piccoli comuni e dalle piccole e medie città.
Insomma, per una volta ci è chiaro, anzi chiarissimo, che l’arena di gioco del decreto rilancio è una arena che cambia in modo qualitativo a seconda del quantum di fiducia che andremo a costruire. Fiducia fra chi e chi? E su cosa? Fra cittadini e istituzioni, non dico fra cittadini e politica, dico fra cittadini e istituzioni, fra donne uomini bambini ed anziani, generazioni che si sono compattate fra diversi riconoscendosi uguali nella fase del lockdown del covid 19 e poi nella fase della crisi economica che ne è conseguita e che oggi guarda alla fonte di regolarità – le istituzioni – con una sola domanda: dateci buone ragioni non solo per rilanciare, ma per lanciarci e scommettere sul futuro. Attenzione: le buone ragioni per scommettere non sono le risorse ad oggi, quelle finiranno domani, poi magari ne arriveranno altre, le quali a loro volta finiranno, le buone ragioni per scommettere sono sempre di carattere fiduciario. Io non scommetto su nessun futuro se so che domani i parametri strategici che sono dati oggi non saranno più veri. Fra il decreto rilancio e i comportamenti di noi tutti, cittadine e cittadini imprese, associazioni, giovani, bambini, anziani, si incunea il processo di elaborazione dei decreti attuativi e delle circolari attuative. Abbiamo un disperato bisogno di qualcosa che sia vero oggi e domani. Che le istituzioni che ci chiedono di rilanciare dandoci il fiato delle risorse si impegnino a creare una risorsa ben più impalpabile e a conservarla nel tempo.
Durante il lockdown ci siamo riconosciuti capaci di darci fiducia gli uni agli altri, durante il Consiglio europeo scopriremo fino a che punto ci fidiamo gli uni degli altri, ma intanto iniziamo da noi: dateci regole certe, che durino nel tempo. È questa l’acqua che irrora il fiume della fiducia di cui abbiamo bisogno.
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