L’onda del fanatismo scuote i simboli. Che i simboli siano potenti mezzi di comunicazione lo sappiamo e ne abbiamo parlato sul Dubbio qualche giorno fa a proposito dell’imbrattamento delle statue in Occidente. Ora da Oriente viene avanti non solo il terrorismo islamista che sparge sangue vero e non vernice nelle città europee, ma il disegno della restaurazione dell’impero ottomano, perseguito dal presidente Erdogan in Turchia e nel Mediterraneo.

Il simbolo della restaurazione è ora evidente: la riconversione in moschea del grande complesso di Santa Sofia, che nel 1935 Mustafa Kemal Ataturk decise di trasformare in Museo con i suoi simboli cristiani e mussulmani.

Un museo tra i più visitati al mondo, ricco di monumenti e mausolei, che fanno il vanto della città di Istanbul e costituiscono la testimonianza della forza e della profondità storica dello scontro- incontro tra la cristianità e l’Islam.

Se qualcuno si illudeva e si illude che il passato è passato, e che il rullo della globalizzazione abbia appiattito e annullato anche la storia, si dovrà ricredere. Nel 1967 papa Paolo VI visitò Santa Sofia, dopo aver consentito la costruzione della grande moschea di Roma, ma oggi sembra passato un secolo, e la reciproca comprensione tra cristianesimo e islam riguarda ormai solo coloro che organizzano gli incontri interreligiosi ad Assisi. Santa Sofia, cattedrale ortodossa e sede del Patriarcato di Costantinopoli, la nuova Roma del mondo bizantino, fu eretta nel 537 d. C. Tra il 1204 e il 1261 i crociati occuparono la città e Santa Sofia divenne Cattedrale Cattolica di rito romano.

La Chiesa più bella del mondo era, quindi, già violata nella sua integrità originaria. Il 29 maggio del 1453 Maometto II, il conquistatore, occupò la città di Costantinopoli, ponendo fine all’Impero Romano di Oriente.

Così Santa Sofia, la chiesa costruita dall’imperatore Giustiniano, fu trasformata in moschea.

Pochi giorni fa, nell’anniversario di quell’evento, un imam ha letto una sura nell’ex basilica e nell’ex moschea. Erdogan, capo di un partito d’ispirazione religiosa, islamica, che mai Ataturk avrebbe voluto, ma che in nome della democrazia tutti, anche l’Europa, approvarono, ora ha posto la questione.

Il Consiglio di Stato difficilmente oserà respingere l’idea del Presidente di riconvertire il museo in moschea. La storia, lo sappiamo ormai, di certo non passa, e purtroppo si usa a fini che non aiutano a capire e a costruire un futuro migliore.