Nonostante la Consulta abbia dichiarato incostituzionale il divieto dello scambio di oggetti di modico valore tra detenuti al 41 bis, alcune carceri lo vietano tuttora. A denunciarlo è l’avvocato Eugenio Rogliano che assiste un recluso al carcere milanese di Opera. 

Nel corso dello svolgimento di recenti colloqui visivi, il suo assistito gli ha riferito che il Personale di Polizia Penitenziaria in servizio presso la sezione 41 bis della Casa di Reclusione persisterebbe nel non dare esecuzione al disposto della recente pronuncia della Corte costituzionale ( 97/ 2020) con la quale è stata dichiarata la parziale illegittimità dell’art. 41 bis, comma 2- quater, lett. f), della Legge sull’Ordinamento Penitenziario nella parte in cui prevede l’adozione delle necessarie misure di sicurezza volte a garantire che sia assicurata «la assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, scambiare oggetti» anziché «la assoluta impossibilità di comunicare e scambiare oggetti tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità». Però, secondo quanto riferisce il detenuto all’avvocato Rogliano, gli agenti della polizia penitenziaria «perdurerebbero nell’inibire ai detenuti l’esercizio del diritto ad essi riconosciuto in seguito alla sentenza della Corte costituzionale, ciò anche attraverso la redazione di rapporti disciplinari che ad oggi assumono più la valenza di atti dimostrativi che non di adempimento delle prescrizioni normative vigenti» . Se ciò fosse vero, vuol dire che si compirebbero delle violazioni. Eppure, come detto, la Corte costituzionale ha sentenziato chiaro e tondo che cade il divieto assoluto di scambio di oggetti di modico valore, come generi alimentari o per l’igiene personale e della cella, per i detenuti sottoposti al regime del 41 bis appartenenti allo stesso “gruppo di socialità”. Il divieto legislativo, comprensibile tra detenuti assegnati a gruppi di socialità diversi, risulta invece irragionevole se esteso in modo indiscriminato anche ai componenti del medesimo gruppo. La Consulta ha rilevato che, se è ben comprensibile prevedere il divieto di comunicare e scambiare oggetti tra detenuti assegnati a gruppi di socialità diversi, risulta invece irragionevole l’estensione indiscriminata del divieto anche ai componenti del medesimo gruppo. I quali, potendo già agevolmente comunicare in varie occasioni, non hanno di regola la necessità di ricorrere a forme nascoste o criptiche di comunicazione, come lo scambio di oggetti cui sia assegnato convenzionalmente un certo significato, da trasmettere successivamente all’esterno attraverso i colloqui con i familiari. Ma a quanto pare ancora non tutti i penitenziari che ospitano il 41 bis si stiano adeguando. Non è la prima volta che alcuni istituti non si adeguano subito alle sentenze. C’è il caso della Cassazione, quando ha riconosciuto ai carcerati sottoposti al 41 bis il diritto a due ore d’aria, ma è accaduto che al carcere di Spoleto non avrebbero – al tempo rispettato questo diritto e il detenuto Alessio Attanasio ha protestato. Poi ci sono altri casi simili, ma che riguardano le ordinanze dei magistrati di sorveglianza. Non di rado accade, in generale nelle carceri, che se c’è una decisione di segno negativo, quella viene eseguita immediatamente, al contrario, quando raramente i reclami vengono accolti, arrivano delle resistenze e i reclusi sono costretti a fare richiesta di ottemperanza. Un problema, quest’ultimo, rilevato anche dal garante nazionale delle persone private della libertà alla relazione dell’anno scorso.